Categorie: Musica

decibel_talenti lateralii | Intervista a Justin Bennett

di - 5 Agosto 2004

Justin Bennett (Inghilterra, 1964) lavora sull’idea di suono come dimensione, come parte costitutiva della coscienza di noi stessi e della realtà. Potremmo dire che tutto il suo lavoro si riassume nel rapporto fra suono percepito e spazio fisico. Per questo il primo dei temi affrontati in questa intervista è il soundscape, concetto spesso ricorrente nella sua pratica e nelle sue dichiarazioni teoriche. La seconda questione invece, legata a quest’idea di paesaggio sonoro, riguarda la possibilità di rappresentare un luogo in termini di suono. IL terzo e il quarto punto infine riguardano rispettivamente l’idea di sound art e un suo progetto in progress molto interessante, Europa. Ecco cosa ha risposto…

Soundscape

Per me il soundscape è l’ambiente che si manifesta nella vibrazione. Quasi un mondo parallelo rispetto al paesaggio visivo, ma comunque interrelato con esso. Non solo i differenti elementi di un ambiente che producono suono, ma anche l’architettura, le caratteristiche naturali, le piante, il terreno, il tempo meteorologico. Questi elementi hanno tutti effetto sul soundscape.
Un “soundscape” come artefatto culturale è qualcosa di differente, ma lo potremmo vedere come un lavoro di cui si fa esperienza come ambiente in cui ci si immerge e non secondo una struttura lineare o narrativa. D’altra parte oggi questo termine è usato da così tante persone che il suo significato è diventato molto poco chiaro.

Rappresentazione sonora

La possibilità di rappresentare un luogo con il suono è qualcosa con cui sto lottando da sempre. Ascoltare è un’esperienza individuale e soggettiva. Anche se fosse possibile per me rappresentare un luogo così come io ne faccio esperienza, non potrò mai essere sicuro che questa sensazione raggiunga chi ascolta o vede la mia rappresentazione.
Vedo l’azione del registrare su campo come quella di un “tracciare”. Facendo una registrazione io segno il mio coinvolgimento con il luogo. Il coinvolgimento avviene a svariati livelli: ascoltando, muovendomi, scegliendo, interagendo con l’ambiente e i suoi abitanti, decidendo quando registrare e quando no. Uso queste ‘tracce’ per comporre le mie opere sonore. Certe volte le registrazioni sul campo sono esse stesse un pezzo compiuto. Io posso filtrare e cambiare un po’ il suono, d’altronde non sono un purista – la registrazione sonora è attiva, creativa e soggettiva, non passiva e non oggettiva. Non mi preoccupo quindi di giocare col suono e con il suo editing. Infatti sono interessato alle strutture reali della presa in diretta, ai ritmi e le figure che si creano camminando attraverso un ambiente, mentre sto registrando; spesso prendo proprio questi come elementi strutturali di un pezzo.

Sound-art

E’ una questione pragmatica di lingua. A un certo punto ho cominciato a descrivere quello che facevo come ‘sound-art’, ma se ricordo correttamente questo aveva a che fare con la volontà di posizionare il mio lavoro fuori dalla tradizionale visione musicale.
Adesso non sono più così sicuro di come definire ciò che faccio. Spesso in questo periodo dico semplicemente di essere un “artista”. A volte comunque sono convinto di fare musica! La generazione corrente di giovani artisti è cresciuta con la possibilità di un facile accesso alla produzione audio e video; questo potrebbe significare che non è poi così importante la scelta del medium. Dall’altra parte i mercati dell’arte e della moda di volta in volta decidono quali media sono IN e quali OUT. La sound-art negli ultimi due anni è cresciuta, specialmente per l’ossessione del mondo dell’arte per i DJ’s, il campionamento, il remixing, etc..
La sound-art può essere poi vista come un etichetta necessaria in lingue nelle quali la definizione d’arte conteporanea include la parola ‘visuale’. In olandese per esempio si dice “Beeldende Kunst” (arte visuale) ma nella lista delle tipologie di pratica culturale che lo State Fund for Visual Art supporta è inclusa la “Geluidskunst” (arte del suono). In francese penso che ‘Art Sonore’ si riferisca alla pratica musicale mentre ‘art’ si usa spessissimo per le arti plastiche. In italiano non so…


Progetto Europa

L’idea di mappare i confini mi venne attraversando quelli tra le nazioni di “Shengen” – dove le dogane sono deserte e si può passare senza essere fermati. Questi posti avevano dei soundscapes spesso molto interessanti. Si possono sentire tutte le cose che accadono, ma ad una distanza dilatata che crea un senso di vuoto e silenzio molto intrigante. Ho iniziato a fare registrazioni in questo tipo di posti appena mi si presentava un’occasione. A volte sono semplici registrazioni microfoniche in stereo, altre volte, quando trovavo dei confini marcati da una recinzione, attraverso dei microfoni a contatto, ho fatto le registrazioni di queste recinzioni. Poi ho usato le registrazioni per fare una serie d’installazioni che ho chiamato Europa. Una specie di ritratto del senso di vuoto. Nelle versioni più complesse del lavoro ho usato il disegno dei confini come un modello di annotazione per determinare il volume e la spazializzazione del suono. Le linee di confine dell’Europa sono molto interessanti perché sono definite da forme naturali, forme burocratiche e da guerre che si possono cogliere leggendo le linee.
Europa è un progetto utopico – sembra impossibile visitare tutti i confini e farne le registrazioni, specialmente adesso che l’Europa si sta espandendo velocemente. Ma visto positivamente, questo carattere, utopico ed infinito, porta con se ogni sorta di eventualità e variazione. È un progetto che si sviluppa lentamente accanto agli altri, e credo che continuerà a darmi il materiale e l’ispirazione per altre nuove versioni. Al momento sto lavorando su qualcosa di collegato – un’installazione a Bruxelles che investigherà lo European Quarter della città. Quest’area, dove al momento sto facendo le registrazioni, è piena di costruzioni moderne per l’amministrazione. Non so ancora cosa ne uscirà fuori…


Bio

Justin Bennett è nato a Nuneaton, Warwickshire, Inghilterra nel 1964.
Vive e lavora a Den Haag, Paesi Bassi.

Educazione/formazione
1982-1983: Foundation course, Cumbria College of Art and Design.
1983-1986: B.A Fine Art. Sheffield City Polytechnic, studied sound, performance, sculpture, video.
1988-1989: Sonology course, Koninklijk Conservatorium, Den Haag.
1991-1992: Jan Van Eyck Akademie, Maastricht.

Proggetti e performance (recenti e selezionati)
2003
Transmediale festival, Berlin. Award for work with 242.pilots.
“Ovipool” Performance/Installation for the former Mercati Generali
during “Sonícity”, Rome.
De Boulevard, Den Bosch. Smart Project Space, Amsterdam.
Sound Mirror, a work for public space with Jaap de Jonge

2002
“Europa” spatial sound installation, solo exhibition, CCNOA, Brussel.
“De Stand van Zaken”, Stroom HCBK, Den Haag.
2-Step. group exhibition CCNOA, Brussel.

2001
“rumours/resonances” an audio guide for Den Haag
“You Never Walk Alone”, Stroom HCBK, Den Haag.
Soundwork in railway station, CityJam, Hooghuis, Arnhem
Zeppelin soundart festival, CCCB, Barcelona

2000
SITE (wasteland) De Verschijning, Tilburg (solo)
“Urban Rumours” Fri-Art, Fribourg.
“Magnetic City” Box 23, Barcelona.
“Mutations” Arc en Reve, Bordeaux.


Discografia selezionata
“Accelerator/Accumulator #1 the burning’”, C30 cassette 1991 JB.
“Ocean”, C60 cassette 1992 JB.
“Radioworks”, C30 cassette 1993 JB.
“Tanger”, CD single, `cityscape’ CD-extra, 1997, Staalplaat.
“Demolitions”, CD Spore records CD001 1998.
“Dervish”, CD sporeCD002 2000.
“Sonic City”, CD Arc en Reve.
“Magnetic City”, CD sporeCD004 2001.
“LoopERS” 12”, LP ERS / Variious CD Intransitive.
“Live in Bruxelles”, 242.Pilots DVD 2002.
“Noise Map”, CD sporeCD005 2003.
“Surround Music”, with Fiber Jelly, DVD-audio ZKM/Wergo 2004.
“Cacerolada” LP Stichting Mixer 2004.
“Idroscalo d’Autore”, compilation 2004.

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valerio mannucci

decibel – sound art e musica elettronica è un progetto editoriale a cura di marco altavilla

[exibart]



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