«Sì! Rinasce! Rinasce e in esultanza mi porta via con sé, Turandot: la speranza!» gioisce Calaf rivolto all’amata principessa. Con lo stesso fervore, è rinata quest’anno, dopo la “cupa notte”, la speranza di una stagione lirica degna del passato per l’Arena di Verona. Il 99° Opera Festival nel teatro più grande al mondo ha infatti ritrovato la capienza massima, le emozioni leggibili sul viso del pubblico e dei protagonisti, e soprattutto le maestose scenografie, che hanno preso il posto dei led-wall del 2021. Una soluzione a dir poco eroica quella digitale per fronteggiare l’emergenza; tuttavia, delle imponenti e suggestive scenografie areniane si sentiva la mancanza. Lo potrà confermare chi abbia assistito alle rappresentazioni del Festival 2022, al suo debutto lo scorso 17 giugno, o chi parteciperà ai prossimi appuntamenti, da qui al 4 settembre, con le cinque produzioni in cartellone, Carmen, Aida, Nabucco, La Traviata, Turandot, e con il gala “Domingo in Verdi Opera Night” del 25 agosto (programma completo qui).
Oggi, «questi tempi difficili», come li ha definiti il Direttore Musicale del Festival Marco Armiliato, in parte sembrano superati, anche per merito della Direzione Artistica di Cecilia Gasdia: la rinascita è stata in esultanza, grazie alla scelta di un connubio consolidato tra Arena di Verona e le iconiche messinscena di Franco Zeffirelli.
Dagli Anni Novanta, il maestro toscano ha dato vita a ben sette produzioni per l’anfiteatro scaligero, fino all’ultima versione de La Traviata del 2019, il cui esordio, alla presenza del Presidente Sergio Mattarella, venne trasmesso in diretta tv una settimana dopo la scomparsa del regista. Se si esclude il pur notevole Nabucco risorgimentale, concepito nel 2017 da Arnaud Bernard, quattro produzioni del 2022 sono versioni tecnologicamente aggiornate di quelle sette regie zeffirelliane. Un felice preludio al 2023, quando replicheranno Carmen e La Traviata, due sfarzose invenzioni di un «artista inarrivabile», secondo il Vice Direttore Artistico Stefano Trespidi, a cui se ne aggiungerà una terza: Madama Butterfly.
Dunque, la magia del melodramma è tornata come un “fantasma iridescente” tra gli aurei palazzi a pagoda della fiabesca Turandot – arricchita dai costumi del Premio Oscar Emi Wada – e tra le piramidi dorate di Aida, quintessenza dell’estetica zeffirelliana, così come nei rutilanti interni parigini de La Traviata. Il gusto per un’estetica abbagliante, evidente persino nei preziosi teleri-fondale che adornano l’avvampata Siviglia di Carmen, è stata la chiave del successo eterno di Franco Zeffirelli.
Una magia ritrovata e già rinnovata per la prossima stagione, quando il maestro, nato a Firenze nel 1923, avrebbe compiuto 100 anni, in perfetta concomitanza con le 100 edizioni dell’Opera Festival dell’Arena di Verona (interrottosi solo per le due guerre mondiali e per la pandemia nel 2020). Un tandem celebrativo sottolineato in cartellone con ben tre produzioni per il 2023 firmate dal regista, che accompagneranno il Nabucco di Gianfranco de Bosio e un’inedita Aida, mentre Tosca e Il Barbiere di Siviglia saranno affidate a Hugo de Ana, per alcuni l’erede artistico di Zeffirelli. Un omaggio apprezzato anche dall’erede adottivo del grande Franco, il figlio Pippo, che definisce: «Fondazione Arena di Verona un luogo che comprende e ama ancora l’arte di Franco Zeffirelli, e che lui ha molto amato». A questa speranza d’amore ricambiato, anche dal pubblico, si affida il Sovrintendente e Direttore Artistico Cecilia Gasdia, puntando sul potere evocativo delle scenografie zeffirelliane: «Credo che dobbiamo tornare a vedere con entusiasmo, speranza, trepidazione, la luna che sorge sulle nostre guglie da fiaba, su tende gitane, piramidi dorate, mentre l’aria si riempie del canto e della musica universale dei nostri maestri fino all’ultimo degli spalti. Abbiamo voglia – prosegue Gasdia -, anzi la necessità, di vivere appieno tutto questo, di tornare a respirare …e l’Arena è puro ossigeno». L’eco è chiara: «Straniero, ascolta!».
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