Tra qualche amena avventura in discoteca, un nuovo saggio di Caspar Henderson su “fragori, scoppi, bisbigli, ronzii”, un’esecuzione plurisecolare, l’approccio della Gen Z all’ascolto frenetico e un’immersione nella muzak che ci circonda. La forbice dell’ascolto: un approfondimento in tre puntate sul culto del suono, dalle nuove pratiche di fruizione ai vecchi tabù.
Parte I
A Groeningen, nel nord dell’Olanda, fa già un freddo mastino da parecchie settimane. Per scaldarsi ognuno s’ingegna come può. Le camere da letto e i coffe-shop sono un rimedio di lunga data, mentre tra le soluzioni più recenti e anticonvenzionali c’è il rave ameno organizzato all’interno di un frenetico sabato sera dell’Oosterpoort. I padiglioni di una fiera che 433.fm, stazione radio fiamminga, ha trasformato in rutilante ballroom distribuendo centinaia di cuffie sintonizzate sul manovrìo di un dj. Fuori (non fuori “fuori”, dove il ghiaccio ha gelato i canali, ma fuori dal catino percettivo di ogni singolo raver munito di cuffie) praticamente il silenzio, dentro (cioè dentro le cuffie) musica a palla, house in questo caso.
Di primo acchito l’immagine assomiglia a una pantomima imperniata su robotiche figure che si nutrono di un silenzio molto rumoroso. Manca solo il ghigno ebete dei manichini a questi ragazzi muniti di cuffie che danzano una musica che sentono solo gli accoliti, cioè solo loro. Ma un ghigno alcuni ce l’hanno ed è il ghigno estasiato di chi se la gode, e si vive il suo intimo viaggio sonoro, guardando negli occhi la fidanzata? – il fidanzato? Un’amica? Uno sconosciuto? – anche lei chiusa nella sua bolla acustica e intenta a parlare casomai con i gesti, e con le mosse. Il tutto è stato battezzato “Silent Disco” e viene messo in opera da molti anni da un nugolo di club, festival, emittenti radio.
Il primo riferimento alla discoteca silenziosa in una fiction risale al film di fantascienza finlandese Ruusujen Aika (Il tempo delle rose, 1969), in cui i personaggi indossano delle cuffie durante una festa. L’idea fu realizzata da attivisti per l’ambiente nei primi anni ‘90, che utilizzavano le cuffie durante feste all’aperto per ridurre al minimo l’inquinamento acustico ed il disturbo della fauna locale. Nel maggio 2000, durante la trasmissione BBC Live Music, si tenne un “concerto silenzioso” presso il Chapter Arts Center di Cardiff, in cui il pubblico ascoltò il gruppo dei Rocketgoldstar e diversi dj attraverso le cuffie senza fili.
Il termine “silent disco” fu coniato nel 2005 al Festival di Glastonbury in Inghilterra, in cui furono utilizzate le cuffie per evitare di violare le restrizioni sull’inquinamento acustico. Il dj Robbie Kowal introdusse il concetto di discoteca silenziosa negli Stati Uniti al Bonnaroo Music & Arts Festival nel 2006. L’Oxford Dictionary ha aggiunto il termine silent disco al proprio sito web nel febbraio 2011.
Non si tratta dunque di una nuova club-attitude che sta invadendo il pianeta, ma di una pratica diffusa che tra le altre cose, risolve da una parte l’eterno problema dell’inquinamento acustico che ha fatto chiudere migliaia di locali, mentre dall’altra apre fertili discussioni sulla musica “evoluta”, decodifica il nuovo rapporto tra arti e tecnologia e sarebbe piaciuta probabilmente anche alla Laurie Anderson degli esperimenti multimediali o al James Ballard di Crash.
Quest’ultimo ci ha lasciato nell’aprile 2009, ha vissuto gran parte della sua esistenza nei sobborghi di Londra e avrebbe potuto approfittare di uno dei deafrave party (deafrave.com), i rave per sordi, che ogni tre-quattro mesi, da molti anni a questa parte, attirano nella capitale inglese il popolo dei sordi di mezza Europa. Anche in questo caso i gesti (i linguaggi dei segni) si sposano ai suoni. Suoni letteralmente devastanti: bassi talmente potenti da scuotere il ventre di un sordomuto, vibrazioni così forti da provocare il piccolo sisma di un pavimento in parquet. É l’ambiente di un popolo di ragazzi che soffre di un handicap ma che vuole egualmente celebrare il suo rave. Gente che porta avanti una battaglia edonistica in nome di tutti quelli che la musica possono “sentirla”, anche se in effetti non possono ascoltarla.
Contemporaneamente a questi raduni estrosi, l’università di Manchester ha lanciato il progetto BadVibes per studiare quale sia il rumore più spaventoso fra tutti quelli presenti nel mondo. C’è anche un sito (sound101.org) cui fare riferimento per sapere come procede il lavoro ed eventualmente contribuire ad allargare il range delle vibrazioni sonore più insopportabili. L’approccio del Prof. Trevor Cox, che dirige il progetto ed è autore di saggi come The Sound Book – The Science of the Sonic Wonders of the World (Norton & Co. 2015), è privo di prevenzione nei confronti dei rumori e, anzi, la sensazione è che l’accademico inglese faccia il tifo per chiunque abbia il coraggio di spostare un poco oltre il limite della sopportazione e del disgusto. È una predisposizione limitrofa a quella di Massimo Padalino in L’estetica del rumore in 100 dischi – Dal più fragoroso al quasi impercettibile (Arcana 2024).
Di suoni e di frastuoni debordano anche le pagine del nuovo saggio del giornalista e scrittore britannico Caspar Henderson, Cosmofonia – Un libro di fragori, scoppi, bisbigli, ronzii, silenzi e altri suoni di animali, esseri umani, macchine e pianeti (UTET 2024). Una tra le numerose storie / curiosità / verità che si possono scoprire al loro interno è, ad esempio, quella legata al suono più potente di cui abbiamo testimonianze dirette: l’eruzione del vulcano Krakatoa, nello stretto della Sonda fra le isole di Sumatra e Giava, nell’Oceano Indiano, il 27 agosto 1883. Quell’eruzione produsse uno tsunami alto 45 metri che, dopo un viaggio di una trentina di chilometri, si abbatté sulle coste di Giava e Sumatra e uccise — secondo le stime — fra le 36 e le 120mila persone. «Il capitano della nave Norham Castle, in viaggio a 64 chilometri dal Krakatoa – si legge nel capitolo dedicato alla Geofonia – scrisse che l’esplosione fu così violenta che ruppe i timpani a metà dei suoi uomini. A oltre 160 chilometri dal luogo dell’eruzione il rumore del Krakatoa sfiorava i 172 decibel: 8 volte la soglia del dolore umana, 4 volte la turbina di un jet ascoltata da vicinissimo».
Peraltro basta fare un salto di 130 anni, dunque arrivare al 2023, per scoprire eventi che evocano quella deflagrazione, anche se non la eguagliano. Il 7 agosto 2023 l’Ingv, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, riferì di aver ricevuto molte richieste di informazioni da parte dei cittadini di Roma per alcune scosse di terremoto avvertite dopo le 21:30 del 6 agosto. In realtà non si trattava di un evento sismico ma del connubio deflagrante tra la potenza dell’impianto di amplificazione e l’entusiasmo dei fan del rapper Travis Scott in concerto al Circo Massimo.
Se i quattro scenari che vi abbiamo appena descritto (Silent Disco, Def Rave, Bad Vibes, Eruzioni di vulcani/Sisma concertistico), abbiano molto o poco in comune è un dilemma tutto da indagare. Propendiamo per la prima ipotesi ma, allo stesso tempo, dichiariamo la nostra sospetta partigianeria, perché siamo adepti di una religione trasversale che può contare su profeti del calibro di John Cage, Frank Zappa, Pauline Oliveros e Aphex Twin, e guardiamo con simpatia alle esperienze estreme del Japanoise che vede come autorevole portavoce il musicista Masami Akita, il cui pseudonimo Merzbow è ispirato dal progetto Merz dell’artista Dada Kurt Schwitters. Si tratta, in fondo, di un culto totalmente ecumenico nel quale il Dio del suono, quello del silenzio e quello del rumore, formano la stessa indivisibile trinità.
[A seguire la Parte II]
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