All’indomani dell’11 settembre 2001 il compositore tedesco Karlheinz Stockhausen pare abbia dichiarato che l’attentato alle Twin Towers sarebbe stata “eine kosmischer Kunstwerk”, “un capolavoro cosmico”, o, a seconda dei relata, “il capolavoro di Luzifer”. Qualunque essa sia, la frase determina uno stigma: la sua musica è bandita dai programmi musicali. Lui si rinchiude a Kürten, vicino a Colonia, dove continua a comporre e pubblicare per suo conto, e a coltivare una personale “paideia” con giovani interpreti accorsi da ogni dove per studiare e diffondere l’arte sua. Poco prima della morte nel 2007, a 79 anni, una mezza riabilitazione lo vede ancora protagonista di concerti. Uno degli ultimi a Roma con Cosmic Pulse, estrema sua creazione in ambito elettronico, in una Sala Sinopoli gremita di giovani entusiasti; lui sciamanico, di bianco vestito, troneggiante come sempre al mixer per la regia del suono.
Nel corso della sua ultima edizione, svoltasi fra ottobre e fine novembre scorsi, il Festival Milano Musica ha dedicato a Stockhausen una bella rassegna all’interno di un programma incentrato sulla musica di Luca Francesconi, che del tedesco ha seguito corsi in gioventù e fatto propri alcuni assunti. Hymnen, musica elettronica e concreta (ovvero suoni preesistenti, registrati e rielaborati su nastro magnetico o supporto digitale), è un ampio affresco sonoro che, dopo i radicalismi della stagione postweberniana, segna alla fine degli anni Sessanta un primo passo nel percorso compositivo di Stockhausen verso la riacquisizione della memoria come categoria estetica, qui filtrata attraverso l’oggetto simbolico dell’inno nazionale. Oggetto la cui forza, per così dire, ecumenica si misura nel suo grado di riconoscibilità . Una frase del nostro autore ne riassume icasticamente intenzioni e finalità : “ Quanto più ovvio è il che-cosa, tanto più rilevante è il come”. Di quest’opera s’è potuto ascoltare un ottimo saggio della Terza Regione con l’Orchestra del Conservatorio di Milano diretta da Pedro Amaral. Il suono elettronico è naturalmente elemento essenziale dell’ascolto, e altrettanto importante lo è la sua diffusione nello spazio, al punto che al pubblico è stata offerta la possibilità di ascoltare il lavoro due volte, invitandolo a cambiare posto in sala nella seconda audizione, per cogliere prospettive e allusioni foniche differenti. La gestione della partitura elettronica era affidata alle cure esperte di Giovanni Cospito e Massimo Marchi, docenti al conservatorio milanese, i quali si sono riproposti nella stessa veste ma autonomamente in due successivi e distinti appuntamenti.
Al Centro Culturale San Fedele Cospito ha curato l’esecuzione di Oktophonie. Risalente al 1991, importante lavoro acusmatico, ossia musica elettronica senza strumenti acustici, era originariamente substrato elettroacustico del secondo atto di Dienstag aus Licht, ovvero il “Martedi di Luce” una delle giornate del grande ciclo teatrale sulla settimana. Un’esperienza d’ascolto che, anche presentata autonomamente, risulta di forte impatto e grande suggestione: settanta minuti di immersione in uno spazio fonico che, alludendo alla lotta fra le coorti di Michael e il citato Luzifer, entrambi personaggi di riferimento dell’intero ciclo Licht, coinvolge l’ascoltatore ai limiti della fisicità , e mostra nella sua pienezza la dialettica fra ansia di organizzazione formale e strutturale da una parte e visionarietà debordante dall’altra: categorie che coabitano nella creatività dello Stockhausen di quegli anni. Musica astratta e astrale, che racconta di pellegrini interstellari non poteva trovare cornice migliore del Planetario milanese, per l’occasione trasformatosi in luogo d’ascolto con la proposta di tre momenti, le Stunde (ore) 16, 20 e 21 dal ciclo Klang, l’ultimo realizzato da Stockhausen. Qui era Marchi a curare la realizzazione elettronica di pagine che prevedevano anche la presenza di solisti allo strumento. S’è potuto così apprezzare l’esecuzione di Uversa a cura di Michele Marelli, formidabile virtuoso di corno di bassetto che con Stockhausen aveva lavorato ancora giovanissimo. Brano, del 2007 come Edentia e Paradies, questi ultimi eseguiti nei due restanti concerti dagli oggi ancora giovanissimi Salvatore Castellano e Laura Faoro, rispettivamente al saxofono e al flauto.
Benvenuta dunque, e qui il grazie va a Milano Musica, la riproposta di pagine mature di un autore la cui ricezione, dopo aver sofferto un mix letale fra cali di quotazione sui titoli d’avanguardia degli anni Cinquanta e Sessanta e incidenti di percorso, finalmente si colloca in una dimensione ormai storicizzata, confortata da una maggiore serenità di giudizio.
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Che la stupidità e l'ignoranza di un mondo così mostruoso e violento (come era già allora e come oggi si manifesta in modo così inequivocabile) possano fare qualcosa come riabilitare il genio di Stockhausen è un'idea priva di senso.
Stockhausen è stato colpito dalla propaganda soffocante del mondo asservito all'impero americano del male. Tanto che siamo fermi ai "pare" e ipotesi dai significati divergenti e nessuno, a quanto sembra, può dire cosa abbia detto o non abbia detto, perché l'occasione era troppo ghiotta per stare a perder tempo a capire, bisognava invece trasformarlo in un'altra occasione per meglio istruire i dominati. Quello che impressionò di più fu nulla di insolito: che alla voce del padrone tutti sbatterono subito i tacchi e si misero sull'attenti. Non è forse quello che è accaduto di nuovo in questi ultimi anni? Violenza e conoscenza non vanno d'accordo. Semplicemente nulla poteva essere pronunciato che non si accordasse perfettamente alla menzogna indiscutibile del potere: cioè che gli Stati Uniti fossero il paese della libertà e dei balocchi.