LIBERATO canta ancora. L’attesa è stata lunga, sapevamo che sarebbe stato così, che avremmo dovuto trattenere il fiato fino all’ultimo minuto della mezzanotte, tra un giorno e l’altro, quando la magia si compie e l’aspettativa viene finalmente realizzata.
La mattinata era iniziata assaporando il gusto del passato, sui Social Network le condivisioni di “9 Maggio” ma anche di altri pezzi ormai storici, vissuti e rivissuti, come “Me staje appennenn amò” e “Tu t’è scurdat’ ‘e me”, hanno raggiunto picchi emozionali elevatissimi.Quindi, per tutta la giornata, commenti, reaction, meme che si rincorrono e che amplificano le sensazioni individuali, piccola goccia nella marea che lentamente e inesorabilmente sale.
Insomma, tra una cosa e l’altra di un lunedì, 9 maggio, in molti aspettavano un segno e non sempre l’hanno fatto in maniera pacifica, qualcuno ha riscaldato i toni con parole grosse e stridenti – “Liberà ma si viv? E pigliat o covid?”, “Addo sfaccimm staj?!”, ma sono solo segni di affetto -, reclamando il diritto a essere esauditi ma tutti vogliono che lo show continui. Poi qualcuno va a dormire, qualcun altro ancora resiste ma al risveglio la sorpresa puntuale, come i regali da scartare la mattina del 6 gennaio, però a maggio, con la primavera che esplode, la stagione che lusinga i sensi, i vestiti più leggeri. Alla luce del sole del giorno dopo, puoi crederci che LIBERATO esiste davvero? Che le sue promesse non vengono infrante?
Il ritorno è in stile, con un intero album che, come ormai nella tradizione, rappresenta un concept complesso di sonorità, parole e immagini in movimento, per raccontare una storia che si rincorre, si perde e si riacciuffa tra rime e inquadrature. Ad assemblare i pezzi della macchina incantata – e anche autoprodotta e indipendente – ritorna il regista Francesco Lettieri e si vede. Nello sviluppo del progetto LIBERATO, hanno sempre giocato un ruolo di primo piano tanto la componente visiva, “fenomenica”, indovinata considerando che LIBERATO non ha volto eppure riscuote l’impatto di una icona, quanto la tendenza seriale, con linee narrative che si sviluppano e personaggi che ritornano (magistrale in questo senso l’evoluzione di CAPRI RDV, di cui “NIENTE”, il pezzo di chiusura, è da installazione di videoarte).
Dunque, sette i pezzi di LIBERATO II, nei quali si ritrova la seducente combinazione di slang virale e poesia intima, beat elettronici e corde pizzicate, con riferimenti alla tradizione musicale napoletana, citata espressamente nel teatro dei burattini di “CICERENELLA”. Anche questa volta, infatti, è Napoli a fare da sfondo ai pezzi. Della città vediamo prima sei piccoli frammenti, tra il Golfo e Palazzo Reale – dopo Andrea Sannino a Capodimonte, la musica contemporanea entra in un altro museo partenopeo, ci saranno polemiche anche stavolta? – raccontati con una ripresa fissa su un elemento suggestivo: un anello perso o abbandonato su uno scoglio e sommerso dalle onde (“NUNNEOVER”), l’ingresso monumentale di Palazzo Reale (“NUN CE PENZÀ”), un gruppo di giovanissime debuttanti che si preparano al ballo (“ANNA”), un misterioso suonatore di clavicembalo in mezzo al mare del Golfo (“GUAGLIUNCELLA NAPULITANA”).
L’ultimo, “PARTENOPE”, non solo li riunisce nel Salone di Palazzo Reale ma li espande anche, aggiungendo profondità agli oggetti e ai personaggi la cui superficie veniva accennata nei brani precedenti e che, proprio come le pistole di Cechov, alla fine hanno compiuto il loro dovere. A qualcuno non piaceranno, altri ancora li apprezzeranno al secondo, terzo, quarto ascolto. Perché una di quelle componenti che hanno decretato il successo e la capillare diffusione del progetto LIBERATO, è la capacità del ritorno.
E adesso, prossimo appuntamento per il concerto a Milano, unica data 9 settembre 2022, all’Ippodromo SNAI San Siro. Un altro luogo dove è palpabile la dimensione dell’attesa.
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