Entra nel vivo l’estate, la stagione dei festival per antonomasia. Su exibart vi portiamo alla scoperta di alcune delle manifestazioni dedicate allo spettacolo dal vivo più curiose e interessanti sulla scena nazionale, parlandone con direttrici e direttori. Oggi abbiamo intervistato Rebecca Bottoni, direttrice di Ferrara Buskers Festival, la manifestazione che ha rivoluzionato la musica di strada. Quest’anno a Ferrara dal 23 al 27 agosto a Ferrara, con un’anteprima a Comacchio.
Che cos’è Ferrara Baskers Festival?
«Il Ferrara Baskers Festival è la manifestazione dedicata alla musica di strada più antica d’Europa. È nato nel 1988, siamo arrivati alla 36ma edizione, quest’anno dal 23 al 27 agosto a Ferrara, con un’anteprima a Comacchio».
Qual è il rapporto del festival con la città?
«È un rapporto molto profondo. Non solo il festival porta in città migliaia di turisti che non verrebbero ad agosto, ma credo che i ferraresi l’abbiano interiorizzato e lo aspettino. Sono stati proprio loro i primi propulsori: quando il festival è nato non c’era internet, non c’erano i cellulari o i social per diffondere la musica di strada e conoscere gli artisti. I ferraresi, durante i loro viaggi, incontravano dei musicisti di strada e gli parlavano del festival e poi a noi segnalavano gli artisti che gli erano piaciuti. Il festival nei primi anni è andato avanti grazie al passaparola di chi ha creduto nel progetto: si è creata subito un’accoglienza enorme verso persone che provenivano da tutto il mondo e quella che poteva essere una diffidenza iniziale è diventata una grande unione culturale tra mondi differenti e complementari».
Qual è il tema dell’edizione 2023?
«Ci sono stati anni in cui dedicavamo dei focus specifici su alcune nazioni, chiamando la maggior parte degli artisti da quei paesi. Negli ultimi anni stiamo puntando su un format più trasversale, quindi non ci sono tematiche specifiche, ma l’obiettivo è spaziare accogliendo musicisti e artisti da tutto il mondo. Il gruppo che viene da più lontano quest’anno arriva dalla Corea del Sud: saranno con noi le Korean Traditional Art, quattro artiste che rappresenteranno la Geumjeong Foundation di Busan con cui abbiamo instaurato un gemellaggio per creare una sinergia e uno scambio culturale. Poi ci sono artisti dall’Australia, da Israele, dal Cile… Essendo un festival buskers vige il cappello come riconoscimento da parte del pubblico verso gli artisti, anche se è una formula che stiamo rivendo perché una manifestazione di questa portata ha dei costi considerevoli e gli sponsor faticano a sostenere eventi gratuiti».
Quali sono gli appuntamenti da non perdere?
«Tutti i giorni di festival sono una scoperta, che è la peculiarità della nostra manifestazione, in un crescendo fino al grande evento conclusivo domenica 27 agosto. La maggior parte del pubblico partecipa non sapendo bene chi vedrà e cosa aspettarsi, è una sorpresa che ribalta il canone attuale, dove quando si partecipa a un concerto ormai si sa anche la scaletta dei brani che verranno eseguiti. Qui ci si deve lasciar trasportare, seguire la strada e incontrare la musica e l’arte che capita».
Colonna sonora del Festival?
«Abbiamo realizzato una playlist su Spotify con alcuni dei pezzi degli artisti presenti. Spaziamo dall’indie, al funky e alla folk con punte di sperimentazione, perché la strada permette di sperimentare continuamente». funky e alla folk con punte di sperimentazione, perché la strada permette di sperimentare continuamente».
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