Lo hanno fatto ancora: i Depeche Mode hanno dato luce e voce a un periodo cupo e complesso della loro esistenza, con un nuovo album. Fu così con Ultra (1997), il disco della rinascita, letteralmente, dopo le dipendenze da alcol e droga di cui Dave Gahan e Martin Lee Gore erano preda ai tempi del Devotional Tour (la grandiosa serie di concerti che portava in tutto il mondo il disco Songs of Faith and Devotion, uscito nel 1993). Nel 2005 fu la volta di Playing the Angel dove il singolo che annunciò l’album, Precious, era dedicato da Martin Gore ai propri figli, in seguito al divorzio dalla moglie.
Lo scorso 26 maggio ricorreva il primo anniversario della morte di Andrew Fletcher, cofondatore e tastierista del gruppo, e Memento Mori è arrivato dopo questa perdita, sebbene il disco fosse già in lavorazione in precedenza e i suoi pezzi avessero preso forma a partire dal 2020, nei primi mesi della pandemia.
La rivoluzione dell’album è quella di porre al centro uno dei grandi tabù del nostro tempo, la morte, vestendola con le parole sibilline di Martin Gore e con la voce inconfondibile di Dave Gahan, a sua volta autore di alcune canzoni, mentre la maggior parte è stata composta, come di consueto, da Martin Gore, da solo o in collaborazione con altri. È sempre Dave Gahan a interpretare la totalità dei pezzi, a eccezione di Soul With Me, cantata da Gore che in questo album presta la sua voce a un solo brano, rompendo la tradizione che sovente lo ha visto interprete di due canzoni in ogni disco e inquadrandolo nella veste di regista di Memento Mori, cui ha dato l’impulso iniziale.
I Depeche Mode, infatti, ora sono diventati un duo, «a mordant synth duo», come li ha definiti la rivista britannica Uncut, ma non solo: sono una famiglia allargata. Peter Gordeno e Christian Eigner costituiscono ormai una colonna portante del gruppo e ad essi si sono affiancati nuovi contributi alla scrittura dei pezzi: Richard Butler degli Psychedelic Furs, principalmente, James Ford e Marta Salogni nella traccia Speak To Me. James Ford era già stato il produttore di Spirit, nel 2017, mentre Marta Salogni è una delle novità di questo disco e figura nella sezione Engineering and additional programming. C’è anche la presenza di Daniel Miller, storico produttore dei Depeche Mode, che stavolta è nelle vesti di responsabile A&R (Artists and Repertoire). Lo stile di Ford si sente anche in Memento Mori, meno verboso e retorico del precedente album, ma con un suono troppo levigato e controllato al confronto dei guizzi elettronici, acustici e perfino rispetto alle incursioni di rumori inaspettati (le intro di I Feel You e Behind the Wheel tra tutte) ai quali i Depeche Mode ci hanno abituato.
L’ampiezza orchestrale, la commistione con l’elettronica e l’immutata vitalità della composizione emergono comunque in alcune tracce che tengono insieme tutto l’album. È il caso di Wagging Tongue, scritta a quattro mani da Martin e Dave; Soul With Me, straniante e irridente verso la drammaticità della morte, un brano interpretato perfettamente da Gore che sfodera una vocalità fresca, agile e precisa, anche quando si limita ad accompagnare Gahan negli altri brani, come in Before We Drown, dove l’intreccio delle voci cattura l’ascoltatore. Ghosts Again, il primo singolo estratto dall’album, ne rappresenta bene l’identità e la tematica, ma il brano che veramente sorprende e vale tutto Memento Mori è Caroline’s Monkey, firmato da Martin Gore e Richard Butler. Qui è possibile intuire la tematica anche senza analizzare il testo, solo dal modo in cui parole e musica suonano insieme, suggerendoci un circolo vizioso, una dipendenza e il sottile confine tra piacere e dissolutezza (ricordate le b-side Dangerous e Sea of Sin?).
Al Thanatos che pervade l’album, però, manca la sua controparte, l’Eros, così essenziale nell’opera dei Depeche Mode, ma appena accennato negli ultimi due album: la dicotomia tra le due componenti avrebbe conferito una maggiore spinta a Memento Mori che resiste, invece, alla tentazione di lasciarsi andare negli abissi o lanciarsi verso nuove altezze (Higher Love, per citare un loro pezzo). Il disco, pubblicato lo scorso 24 marzo, ha suscitato ampi consensi, ma anche alcune critiche, creando una nuova atmosfera, quasi come fosse un album d’esordio: si tratta, infatti, dei nuovi Depeche Mode (Gore e Gahan) dopo i Depeche Mode come li avevamo conosciuti (Dave Gahan, Martin Gore ed Andy Fletcher).
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