Categorie: Musica

MUSICA | Partiture sentimentali

di - 3 Dicembre 2012

«Vent’anni fa all’incirca, sembra che proprio qui sia caduto un meteorite che rase al suolo il villaggio. L’hanno cercato, questo meteorite, ma naturalmente non trovarono nulla. Poi qui la gente cominciò a sparire. Venivano qui ma non tornavano più indietro (…) Così cominciò a correr voce che ci fosse un posto nella Zona dove si esaudivano i desideri e naturalmente decisero di proteggerla come le pupille degli occhi». Mi sono ritrovato recentemente nel lungo piano sequenza del treno in viaggio verso la Zona nel film Stalker di Andrei Tarkovsky e da qui, con il sintetizzatore ANS di Eduard Artemyev, traccio una playlist dove protagonista è il fluire, lo scorrere che crea, in un continuum statico e contemporaneamente dinamico. Esemplare sarebbe l’immagine di un treno ad alta velocità in viaggio di notte: dentro una statica cellula luminosa, fuori una gelida corsa notturna fatta di intervalli e inizi. Apparitions, 1958-1959 di György Ligeti. «È una musica che suscita l’impressione di un fluire senza inizio e senza fine. Vi si ascolta una frazione di qualcosa che è iniziato da sempre e che continuerà a vibrare all’infinito».

Provavo una sensazione similmente paurosa quando da bambino osservavo vibranti e impercettibili movimenti al microscopio nel laboratorio di mio padre; adesso ritrovo la stessa irrinunciabile paura mentre ascolto Apparitions di Ligeti. Considero “sentimentale” la struttura dietro al fluire, sia nel caso di un treno veloce che di un edificio, di un film o di un’opera musicale. Il sentimento è percezione, metodo, intuito e azione: struttura. Ascoltare una forma, un edificio, questa è sempre stata una mia ossessione. Come suona il cemento armato? Come suonano i quarzi? Il sole? Nel 1958 Iannis Xenakis realizza il Padiglione Philips per l’Esposizione universale di Bruxelles; nel 1953-54 Xenakis aveva utilizzato regole analoghe per la composizione di un’opera musicale per orchestra per orchestra, Metastaseis, 61 strumenti. Per la prima volta una composizione musicale viene dedotta da regole matematiche, con una tecnica “strutturalista” frutto di calcolo compositivo. Nello spazio sonoro si delineano strutture nuove, vengono meno le tradizionali funzioni di intervalli, serie e armonie, la musica si presenta in transizioni costanti con un movimento continuo e le note sono percepite ormai solo come istantanee di curve glissanti.

Fenomenologia delle emozioni in opposizione allo strutturalismo dei rapporti numerici astratti: Partiels (Les Espaces Acoustiques), 1975, per 18 strumenti, Gérard Grisey. Tutta la parte iniziale è un’orchestrazione degli armonici di un mi grave suonato da un trombone. Bombardati ogni giorno da immagini, la maggior parte delle quali inutili, spesso preferisco che la musica predomini creando una zona che non è più né visiva né sonora. 1984-85, Prometeo – Tragedia dell’ascolto, di Luigi Nono, un teatro invisibile creato dalla proiezione della musica nello spazio, cogliendo le potenzialità di una struttura creata da Renzo Piano per la prima esecuzione a Venezia. Suono, spazio e forma: chiudo la mia playlist con due brani di Alessandro Massobrio, un giovane compositore che ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere personalmente: Pale Blue Meadows, 2008, per quattro chitarre elettriche ed elettronica, interpretato dal quartetto Zwerm; un puro ambiente elettroacustico ottenuto attraverso l’uso della chitarra elettrica e dell’elettronica, una metafisica in cui non si distinguono più le sorgenti, e dove la posizione dei performers è in disaccordo rispetto al suono prodotto. “Non v’è cosa”, per sassofono, violoncello, fisarmonica e percussioni, musica per il frammento 122 di Archiloco; il suono è costruito per fusioni e trasformazioni, gli strumenti entrano uno nell’altro, compenetrandosi. Il poeta greco parlava dell’eclissi di sole del 648 a.C. «(…) Tutto da allora è degno di fede, tutto dall’uomo può essere atteso: nessuno di voi si stupisca, nemmeno se vede le fiere scambiar coi delfini il pascolo marino, e che ad esse le onde echeggianti del mare siano più gradite della terra, così come ai delfini il monte boscoso».

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 81. Te l’eri perso? Abbonati!

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