Dopo il clamore sanremese mai sopito dell’anno passato, stavolta una produzione meneghina si insedia tra i banchi dei musei, un “nuovo” videoclip stazionario nelle tendenze dalla sua uscita e destinato però alla inesorabile salita delle views da un lato, scivolamento delle posizioni dall’altro.
Scrivere di un video musicale, sfruttandone l’onda? Ma se la canzone sono costretto a sentirla per radio o al supermercato, devo proprio rendere onore agli sponsor di turno che, non solo paghi dell’artefatto, guadagnano grazie all’informazione riportata sui diversi organi di stampa, più o meno ufficiali? Lì li lascio, su Youtube, dove meritano di stare insieme pure ai beni culturali di cui ci riempiamo la bocca prima di lasciarli recitare, muti, la parte della scenografia: questo il loro contemporaneo uffizio.
Il filone economico è quello che riesce a soddisfare tutti: al netto di tutte le belle storie sul passato povero, è nell’eterno presente che si mette in cassaforte il futuro. In altre parole, da soldi a Dorado il passo è corto, il video è breve e l’urgenza di dover dare peso a questa produzione musicale la si avverte più in ottica seo che per urgenze spese tra cultura e società: pare che a questo altare ci si debba inchinare tutti, lo facciamo anche noi ma conserviamo la mascherina al posto giusto.
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