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Reich/Richter, Noto/Chaton: pitture digitali per il Gran Finale del Romaeuropa
Musica
Per parlare di uno spettacolo di oggi, dobbiamo tornare indietro a un ciclo di opere di ieri. Siamo nel 1964 e Gerhard Richter è all’inizio della sua scalata creativa (aveva cominciato a dipingere solo due anni prima); crea le Tende (“Vorhang”, in tedesco). Chiunque le abbia viste dal vivo, non potrebbe sfuggire a questa considerazione: è un’arte che si muove.
La prova del nove, l’abbiamo quando proviamo a fotografarle: sono talmente liquide (ma liquide in modo analogico), che sfuggono alle telecamere dei telefoni, tanto che uno scatto può risultare, paradossalmente, deludente. Ora, è un fatto che Richter abbia fatto i conti, prima di molti altri, con la liquidità della nostra visione prima di avere una tecnologia a disposizione; o scegliendo di non usarla (la televisione, infatti, c’era già).
Nel 2012, Richter con l’immagine in movimento ci si cimenta davvero: crea dei Patterns dove divide in quarti, poi in sedicesimi e così via l’immagine al computer di un suo quadro astratto. Scarnifica e ribalta, poi assottiglia: il risultato è un dipinto analogico che, ridotto all’osso, esplode in tutt’altra cosa (e con tutto il variopinto che serve). Accade che il compositore Steve Reich decida di creare un pezzo seguendo gli stessi intervalli di pixel del quadro digitale: nasce così Reich/Richter, presentato la prima volta a New York nel 2016 per la regia di Corinna Belz. Domenica 21 novembre, sarà eseguito dall’Ensemble Intercontemporain all’Auditorium Parco della Musica, in occasione del Gran Finale del Romaeuropa.
Il secondo duetto: Alva Noto e Anne-James Chaton
Se la sineddoche è la parte per il tutto, allora non c’è miglior sintesi della parola “Romaeuropa” per sbocconcellare il rapporto tra questi artisti e la città che li ospita. Grazie a residenze e momenti di incontro nelle loro Accademie (la tedesca e quella francese), da ormai qualche anno Noto/Chaton stanno intessendo con questa città un rapporto speciale. Vederli dunque insieme al Romaeuropa è un po’ il coronamento del lungo tempo di queste esperienze. Suoneranno anche loro domenica 21, all’Auditorium: il loro progetto si intitola ALPHABET e sarà un incontro tra musica techno e spoken words. I due, sono partiti dai manoscritti del VII secolo dell’arcivescovo spagnolo Isidoro di Siviglia, che compilò un compendio di etimologia chiamato “Etymologiae” (o “Origines“): è considerata la prima enciclopedia della cultura occidentale. ALPHABET sembra essere il luogo dove tutti i punti fonetici e semantici si incontrano; forse, Borges lo chiamerebbe l’Aleph.
Tutti i suoni del Gran Finale
Si parte sabato 20, alle 19, con Vittorio Montalti e Blow Up percussion che presenteranno The smell of blue electricity, un concerto per elettronica e percussioni che si ripromette di rompere i limiti dell’esecuzione musicale (la direzione del suono è di Tempo Reale). Il coreografo Olivier Dubois presenterà uno spettacolo nato tra i quartieri popolari de Il Cairo. Edison studio, nel 700mo anniversario della morte di Dante, eseguirà una nuova versione della colonna sonora di Inferno (1911), pietra miliare del cinema muto italiano. Infine, i Berliner Philharmoniker torneranno a Roma dopo 17 anni, per un concerto diretto da Kirill Petrenko e prodotto dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.