Ci siamo trovati, nel suo studio, in compagnia di altri due testimoni della creazione della raccolta: l’ex-socio di Mimmo Scognamiglio, Corrado Teano e l’artista Sergio Fermariello, alcuni lavori del quale fanno parte della collezione stessa.
Ci sembrava opportuno, più che riportare opinioni di funzionari pubblici in merito alle questioni burocratiche della sitemazione di Terrae Motus, ricostruire le volontà di Lucio Amelio, facendocele raccontare da chi, come Mimmo e Corrado, ha lavorato per più di dieci anni con lo scomparso gallerista. I due hanno vissuto tutte le vicende che hanno portato alla sistemazione di Tarrae Motus negli spazi della Reggia di Caserta e hanno condiviso, con il loro direttore di allora, le gioie e i dolori d’una collocazione che stentava a decidersi.
Perché Lucio Amelio pensò a Terrae Motus, cosa significava per lui?
Lucio desiderava trovare un pretesto affinché artisti di tutto il mondo potessero scegliere di venire a Napoli e realizzare lavori in questa città , permettendo così anche agli artisti, collezionisti e critici locali di confrontarsi con esperienze internazionali. Nacque così, dopo il terremoto del 1980, Terrae Motus, il cui nome fu scelto da Lucio e Nino Longobardi, mentre quest’ultimo lavorando in galleria fu sorpreso dalla prima scossa tellurica.
Dunque il terremoto suggerì lo spunto per dare corpo e contenuto ad un progetto che Lucio Amelio aveva in mente da tempo?
Si perchè lui fu uno dei primi, se non il primo in assoluto, in Italia a comprendere che il lavoro di una galleria non poteva esaurirsi nell’attività puramente commerciale e dunque limitarsi ad occupare gli spazi della galleria stessa, grande o piccola che fosse. Oggi assistiamo all’occupazione da parte dell’Arte contemporanea di un’infinità di spazi pubblici (musei, giardini, fabbriche dismesse, antiche ville, ecc.); ma allora era un’idea nuova pensare ad una collezione d’opere contemporanee accessibile a tutti.
Pensate che, se fosse ancora vivo, Lucio Amelio vorrebbe che la collezione stesse a Caserta?
Lucio desiderava fortemente che la collezione fosse ospitata in un edificio od in un museo di Napoli, eppure allora non c’era nessuna volontà da parte delle istituzioni di creare una collezione pubblica d’Arte contemporanea, né sensibilità da parte degli organi di informazione di promuovere un’iniziativa in tal senso. La stessa mostra di Caserta, quella che poi diede spunto alla collocazione lì della raccolta, fu completamente
Il fatto che egli avesse speso una simile cifra per una mostra è testimonianza di quanto fosse importante per lui ampliare il più possibile il pubblico dell’arte contemporanea.
Era ovvio dunque, che preferisse che Terrae Motus stesse in una grande cittĂ piuttosto che in un piccolo centro.
Come mai la collezione è rimasta a Caserta?
Perchè l’allora Soprintendente Gian Marco Iacobitti fu l’unico a mostrare sensibilità nei confronti dell’iniziativa di Lucio. Questi, quando si ammalò, volle dare a tutti i costi una sistemazione definitiva alla raccolta e quindi decise il legato testamentario alla Soprintendenza di Caserta, a condizione che Terrae Motus fosse esposta al pubblico.
Probabilmente questo gesto costituiva un motivo di rivalsa nei confronti della mancata attenzione da parte di tutta Napoli verso le sue iniziative pubbliche.
Sergio Fermariello qual è e dov’è il futuro della collezione Terrae Motus?
A parere mio la raccolta si trova in un posto già troppo carico di storia ed elementi di attrazione. Quando i turisti vanno a Caserta è per visitare la Reggia e il suo parco, difficilmente visitano Terrae Motus. Per lasciare lì la raccolta c’è bisogno di una grande operazione mediatica che richiami un pubblico specifico. A Napoli la promozione di una raccolta d’arte contemporanea potrebbe rientrare all’interno della programmazione turistica di tutta la città . Il Palazzo acquistato da Lucio Amelio
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Concordo! A Napoli!
Caserta...no comment!
Saluti
a napoli, a napoli, a napoli
CASERTA SICURAMENTE! NAPOLI NON MERITA..