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fino al 1.VI.2003 | Gabriele Di Matteo – Take Care Miltos | Napoli, 404 Gallery

di - 27 Maggio 2003

Lo spirito paradossale e provocatorio di Duchamp suscita sempre imitatori ed epigoni che quasi mai raggiungono la genialità del maestro perché non ne comprendono lo spirito. L’ironia è ormai perfettamente integrata al sistema dell’arte come l’obsolescenza è integrata agli oggetti di consumo.
Nel progetto di questa mostra lo spirito duchampiano si rivela non nell’opera che ne deriva ma nella sua messa a punto: nell’ideazione. Gabriele Di Matteo, l’autore, in realtà non fa nulla, affida la scelta delle immagini all’artista Miltos Manetas per poi rigirarle a un semplice copista che esegue il lavoro pittorico. In questo modo non è responsabile del risultato, che non dipende da lui, ma ha trasformato l’intera operazione in un “ready made”.
Riassumiamo. L’artista greco-milanes-newyorkese Manetas invia le fotografie che ritraggono la sua fidanzata giapponese mentre lavora: le immagini sono a un tempo moderne e classiche, c’è l’universo tecnologico e la bellezza estetica, una donna dalla bellezza esotica e senza tempo. La seduzione nasce dal contrasto, dal conflitto evidente di questi elementi. In questo passaggio di mano c’è il bisogno di un gioco al rialzo artificiale, vale a dire di una simulazione sistematica che non tiene conto né di uno stato prestabilito del mondo, né di una regola inerente al sistema dell’arte. Ciò che è arbitrario è anche dotato di una necessità totale. La forma proietta senso è il veicolo del senso e del significato. Il ready made, invece, è la precessione del vuoto, la vertigine dell’obbligo svuotato di senso, passione, necessità. Per questa ragione deve essere un oggetto davvero neutro.
Manetas ritiene che l’oggetto della pittura deve essere inedito, originale, innovativo :”La vita umana è circondata da oggetti high tech che possono apparire importanti se dipinti con le stesse dimensioni di un ritratto di gentiluomo al Metropolitan”. Di Matteo lascia spazio liberamente al fluttuare di questa banalità, se l’oggetto è anonimo, non lo è colui che lo ha scelto. Non è strano che il critico e il pubblico di intenditori trovino il gesto significativo benché di solito non riescano a capire cosa esso significhi. L’artista è assorbito solo dall’immagine in quanto segno vuoto, insensato, senza referente, il suo scopo è quello di stancare il senso, logorarlo per liberare la seduzione pura del significante nullo. Questa è l’ironia segreta di un’operazione che mette riparo al caso con la casualità di un gesto: l’opera d’arte sembra priva di strategia e d’un tratto assume la profondità inattesa della seduzione, della forma che l’artista del manufatto ha voluto conferirle, un segno aleatorio dietro al quale si opera una congiunzione di scelte che non sarà mai decifrata.

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maya pacifico
mostra vista il 8 maggio 2003


404 arte contemporanea
Via Ferrara 4, Napoli (stazione Piazza Garibaldi)
Tel/fax 081 – 5546139; mart – sab 17 – 19
E – mail: 404gallery@libero.it


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