Spesso capita che artisti formati in contesti diversi, appartenenti a mondi espressivi differenti, si incontrino sul piano astratto della ricerca, proponendo esiti percettivamente simili. Eppure, se anche la fisica non ha retto alla rottura epistemologica del principio di indeterminazione di Heisenberg, gli storici dell’arte possono dormire sonni tranquilli perché, nella pratica artistica, veramente nulla succede per caso.
Già da alcune decadi, l’arte ha vissuto il dramma creativo di una scissione linguistica, tra magniloquenza e assenza. Da una parte, gli atti eccessivi, spettacolari, à la Damien Hirst e Maurizio Cattelan, dall’altra, la tensione verso la dematerializzazione dell’opera, quel vanishing point teorizzato da Lucy Lippard e Jean Baudrillard e portato avanti dalla corrente Concettuale.
La galleria di Alfonso Artiaco, di solito, propende per la seconda ipotesi e le mostre allestite nelle candide sale, nella centralissima sede a due passi dallo storico crocevia di Piazzetta Nilo, seguono una linea espositiva coerente, nelle proposte di un’arte fatta di gesti controllati.
Così, capita che Robert Barry (New York, 1936) e il duo Botto & Bruno (Gianfranco Botto, Torino 1963; Roberta Bruno, Torino 1966), pur distanti per generazioni, ispirazioni e linguaggi, possano fondere armonicamente due personali che, a prima vista, sembrano materialmente distanti.
Anche le certezze più solide hanno un punto critico e Barry, che è sempre stato guidato dall’indagine profonda e sintetica sulla formazione dei concetti, vi scava in profondità. Normalmente, i sostantivi, gli aggettivi, i verbi, sono tentativi di classificare e conoscere, obbedendo a quella necessità di collegare impressioni ed espressioni per comunicarle in un sistema codificato. Questo, però, è il lato immediatamente riconoscibile, perché anche i processi consolidati di conoscenza nascondono l’inquietudine dell’incompletezza, l’arbitrarietà della definizione. Nel caso delle parole, il gesto che scopre il velo è semplice e minimale, rimane quasi tutto nell’astrazione, perché basta isolarle. “Absent”, “Different”, “Beyond”, “Ordinary”, sono alcuni dei termini che Barry ha estratto da qualche discorso, magari dai dizionari oppure da una reminiscenza improvvisa, per destabilizzarli su carta, tavola, tela e oltre ancora, in quel punto astratto che l’opera d’arte istituisce con la sua polifonia silenziosa, quando fa mostra di sé. Così, proprio il senso, definizione principale di ogni termine, si riduce a una concatenazione alogica e visiva.
Proseguendo verso “Silent Walk”, l’isolamento delle parole diventa eco quieta del paesaggio, nei frammenti di realtà sezionati da Botto&Bruno. Tra grandi wall paper di brani urbani, che si intersecano nell’architettura delle sale, e piccole diapositive, realizzate con collage e sovrapposizioni di immagini, il duo torinese ha voluto registrare quel movimento degli elementi naturali che sovrasta le costruzioni dell’uomo. Gli edifici sono estrapolati dal contesto reale e assemblati in composizioni paesaggistiche mentali, verosimili ma lacunose come le sensazioni e i ricordi. Questi ambienti onirici, dove tutti i particolari splendono di luce propria e i giochi prospettici annullano la gerarchia della visione, sono abitati da personaggi con il volto coperto, gli stessi Botto&Bruno, che gridano in megafoni oppure srotolano la spirale di una pellicola.
L’uomo tenta di razionalizzare il fermento degli eventi naturali, che interviene sulle cose modificandone le forme ma, anche in questo caso, l’unica legge universale è quella del silenzio. “Si fa qualcosa, e si muore”, ha detto Bruno, citando una frase di Amsterdam, romanzo di Jan McEwan.
Mario Francesco Simeone
mostra visitata il 6 giugno 2014
Dal 6 giugno 2014 al 1 agosto 2014
Robert Barry / Botto & Bruno – Galleria Alfonso Artiaco
Piazzetta Nilo 7, 80134, Napoli.
Orari: dal lunedì al sabato, 10.00 – 20.00
Info: www.alfonsoartiaco.com