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L’artista è di schiena, osserva da un punto fermo il gioco di uomini in movimento. È Shadi Harouni (Hamedan, Iran, 1985), giovane artista iraniana in mostra con la sua prima personale in Italia presso la Galleria Tiziana Di Caro. Un’immagine curiosa ma simbolicamente loquace la ritrae dentro una cava, ferma in posa da soldatino, in una luminosa conca tra le montagne del Kurdistan. La video installazione, parte culminante dell’esposizione “An Index of Undesirable Elements” (Un indice di elementi indesiderati), produce un effetto positivo, cementando quel legame che si crea, talvolta, proprio nella disparità tra lo spettacolo e lo spettatore, nell’intersezione sempre ambigua tra l’opera e chi la realizza.
I Dream the Mountain is Still Whole è il titolo del breve montaggio, non a caso in prima persona, che fa emergere parole individuali, pronunciate da un uomo che si propone come immagine di resistenza politica. Qui, la drammatica esperienza di un singolo, esposta non senza una minima reticenza, conduce a un caso e a una umanità ben più ampi e complessi. È esattamente sulla complessità che si pone la riflessione degli “elementi indesiderati”, che Shadi Harouni elenca con un’accuratezza ludica di cui molti sono gli spunti creativi.
I temi della conservazione di sé e della propria singolarità pur nel tutto, dell’audacia che gli individui sembrano mostrare quando sono in una comunità, quando cioè sono sorpresi da un evento mentre sono nel gruppo, sono argomenti suggeriti dalle origini dell’artista, prima ancora che dalla sua volontà.
In ogni caso parleremo – e questo si dovrà precisare – di cose che non sappiamo davvero. Riguardo al lavoro dell’artista iraniana si solleva infatti un’incertezza, come di sapersi limitati. L’ambientazione ipotetica a cui la associamo inevitabilmente, quel mondo irrisolto, oltremodo pauroso e infangato, a cui si lega l’immagine dell’Iran, avrà l’aspetto ridicolo del luogo comune, come sono tutte le cose che non si sanno quando sono rappresentate. Senza volerlo, poniamo l’artista in una località dell’immaginario che si è formata con la retorica e la disinformazione e in questa vi rinchiudiamo le sue opere, la sua immaginazione, lo spunto a un fare che, per una volta, non porta rivendicazioni.
L’artista non ripara poeticamente gli errori della storia, non ricava il bello dal marcio, né la bella pagina dallo spunto riflessivo; servendosi di mezzi differenti, dalla scultura alla fotografia al video fino all’incisione, versione più radicale della scrittura, propone un insieme di lavori suggestivi e ben fatti. Una serie di cinque monotipi dalle forme astratte rimanda a qualcosa che si avverte con il fondo della mente, un panorama non necessariamente arcaico ma autoctono, composto da persone che hanno abitato un luogo e i suoi radicalismi. “Oggetti segreti creati per rievocare ciò che non c’è più”: sono opere accompagnate da un testo che svela ancora un’ultima cosa, una vicenda ulteriore da puntualizzare.
Il desiderabile che poi si evidenzia nella giovinezza di Harouni, la facoltà che si ha a una certa età di auspicare il bene, non è da sottovalutare. Lo si avverte nell’automatismo con cui entra nell’opera, prendendo parte come raccattapalle a una partita di calcio improvvisata, rovistando nella cava con le proprie mani ed estraendone una pietra. C’è leggerezza nel far parte dell’opera, acquisendo quello status al limite della performance con assoluta normalità. E altrettanto facilmente mobilita contenuti politici, come per la scritta al neon mal funzionante che, in lingua Farsi, illumina la parola “degh”, cioè “morto di strazio”, parte ultima di un nome proprio assai noto, Mosadegh, primo ministro iraniano.
Non sappiamo la portata di progresso a cui questo nome rimanda, non ne conosciamo a fondo le vicende e questo è comprensibile. Ma, proprio come il Farsi, l’aspetto umano e simbolico di questa mostra ci resta difficilmente intellegibile, in qualche modo estraneo e per questo facilmente declinabile con i nostri schemi tipici di buonsenso e affinità.
Elvira Buonocore
mostra visitata martedì 4 aprile
Dal 25 marzo al 10 giugno 2017
Shadi Harouni, An index of undesiderable elements
Galleria Tiziana Di Caro
Piazzetta Nilo, 7 – 80134, Napoli
Orari: da martedì a sabato, dalle 15:00 alle 20:00 o su appuntamento
Info: info@tizianadicaro.it