L’avatar
di
Marco Cadioli (Milano, 1960),
Manray, attraversa un paesaggio carsico, herzoghiano, desolato, interrotto
soltanto da alcuni ambienti acquatici e dalle esalazioni gassose sprigionate
dalla terra.
Cadioli
è il fotoreporter e turista culturale
della Rete, colui che aveva setacciato i bassifondi di Second Life
e documentato la guerra poligonale, rivivendo lo
storico sbarco in Normandia filtrato attraverso gli scenari virtuali degli
spara-tutto in soggettiva, video-giocati in tutto il mondo.
Ancora
una volta l’artista italiano e il suo doppio virtuale hanno scelto il reportage
per raccontare la propria esperienza nell’universo di HiPiHi, definito
sbrigativamente dalla stampa di settore come la risposta cinese a Second Life,
ma progettato in tempi non
sospetti, quando il progetto di Linden Lab contava ancora poche migliaia di
utenti.
Nel
video-blob di dieci minuti che dà il titolo alla mostra, Manray corre, salta,
nuota nella versione beta di
HiPiHi,
corrispondente allo stadio
iniziale del progetto, definita
The Making of Heaven and Earth.
Si
tratta della fase adamitica, esplorativa di una piattaforma virtuale che si
appresta oggi a superare i centomila residenti. Una versione grezza, spoglia,
dove sembra impossibile nascondere i ritardi nella visualizzazione degli
scenari poligonali.
Ma la deontologia del net-reporter
oblige. Emerge quella necessità di raccontare tutto, e se
necessario anche “
fermare l’errore, l’attimo in cui le texture
non sono ancora caricate”, come ha scritto Vito Campanelli nella monografia
Internet Landscapes (2003-2007) dedicata
al lavoro di Cadioli
.Nel
finale del video, il suo avatar solitario decide di fermarsi su un dirupo per
osservare la luna digitale di HiPiHI
. Una sequenza che offre una chiave di lettura efficace per interpretare
gli altri lavori in mostra. La scelta di citare sulle pareti della Overfoto
Il
viandante sul mare di nebbia (1818)
di
Caspar David Friedrich non è
infatti casuale.
A
volte Manray, eroe romantico alle prese con il sublime virtuale degli scenari
elettronici, sceglie un gesto deittico: in una stampa l’artista ritrae se
stesso in un campo di fiori rossi e, alzando il braccio, sembra quasi dire “
io
sono stato qui”. Nelle altre
stampe, l’artista mette da parte la sua protesi elettronica per descrivere la
geografia di HiPiHi, fra templi, ideogrammi e scorci pittoreschi.
Questi
lavori indicano la conquista di una nuova artigianalità: la scelta di
trasferire su cotone alcuni scatti dal web ridimensiona il ruolo delle
fotografia nel percorso dell’artista milanese. Come nella pittura classica
cinese di
Shi Tao, i paesaggi
incompiuti di Cadioli non hanno contorni definiti e gli elementi solidi
sembrano quasi compenetrarsi in un alternanza di pieni e vuoti, che registrano
l’incessante mutevolezza degli scenari elettronici.