La società dei consumi e le sue degenerazioni sembrano essere le principali chiavi di lettura della mostra di
Santiago Cucullu (Buenos Aires, 1969; vive a Milwaukee),
The Creaky Shaft. Ma non mancano i doppi sensi, anche linguistici, a partire dai titoli dei lavori, e le chiavi di lettura diventano molteplici, si sovrappongono, rimanendo tutte valide, poiché la libera associazione di immagini e idee è rivendicata come momento creativo dallo stesso Cucullu.
La mostra si snoda fra una serie di acquerelli multicolore che integrano, nel significato e nella forma, le monocromie di due grandi
wall pieces pensati e ritagliati dall’artista in vinile adesivo applicato al muro. Un doppio percorso prende vita dai due lavori a parete, realizzati appositamente per lo spazio napoletano. Il primo,
Training barricade for the bitches of Bedlam, sembra quasi inquadrare un particolare del secondo,
Bitches of Bedlam or the storm Rises. Sono due lavori inquietanti, il cui soggetto principale è una casa fatiscente davanti alla quale sono state costruite barricate con mobili in disuso, che mal celano la presenza di persone che lì vivono. Ombre umane affiorano intorno a questo nucleo abitato, tutto viene ancora vissuto e utilizzato nonostante il degrado.
A rendere l’atmosfera ancora più noir, un video minimale,
Crickets and kit lights, con un led da antifurto automobilistico inserito, emette un rumore di grilli che coabitano nel caseggiato. Uno spaventapasseri fatto con materiali di scarto, ricoperto da una coperta da aereo con marchio bene in vista, contribuisce a delineare uno scenario desolato.
Parallelamente, con i loro precisi campi di colore, gli acquerelli mescolano il figurativo e l’astratto. Compaiono teste che sbucano fuori dai rifiuti, come in
Holy roller behind couch barricade, oppure una serie di baraccopoli, come quelle sorte nei dintorni di Milwaukee, frutto del disastro di una società e di un’economia che non accoglie ma emargina. Queste ultime sono trasformate in pattern multicolori fatti di tetti e di verde circostante, che in alcuni punti assume il tono bruno dei cumuli di spazzatura.
Ma è proprio la spazzatura che a Napoli salta all’occhio e, pur vedendola trasfigurata nelle de-costruzioni artistiche di Cucullu, rimane impressa sulla retina. Con tutte le condizioni di vita impossibili che il suo accumularsi incontrollato de-genera.