Albrecht Dürer usava l’acquerello per conservare una traccia dei tanti paesaggi visti nel corso dei suoi lunghi e frequenti viaggi. Il maestro si divertiva a ricopiare dal vero animali, piante e persone, in un diario itinerante scandito da immagini rapide e vivaci. Espressione artistica odeporica, che fa emergere tutta l’intrinseca suggestione diacronica e descrittiva del viaggio, confondendo i luoghi dell’esistenza con i confini geografici, l’acquerello è la tecnica della curiosità, sintassi che Ferruccio Orioli usa per raccontare le sue storie “di cieli di terre di acque”.
Per la mostra a Palazzo Partanna, nella sede della banca Fideuram, sono esposti 19 imponenti acquerelli, nati da piccoli schizzi tracciati su un taccuino, durante i viaggi tra le isole del mediterraneo e i marciapiedi di Napoli. Le opere sono installate su telai di legno a vista e realizzate su carta indiana khadi, «un tipo di supporto sul quale le imperfezioni dialogano con il colore, diventando materia della rappresentazione insieme a donne danzanti, fiori, vulcani, gabbiani e prue di navi», ha detto la curatrice Claudia Borrelli.
Le opere sono disarticolate in pannelli, fotogrammi acquerellati che scompongono la struttura visiva complessiva, quasi come nella successione di una tavola fumettistica, convogliando l’attenzione sulla fluidità narrativa dei minimi particolari. Così, l’occhio curioso si sposta sulla superficie rappresentata segmentando il ritmo della visione, disponendo gli elementi in una congiunzione ordinata. Lo schema compositivo è scandito dalle proporzioni del rettangolo aureo, canone assoluto di bellezza rinascimentale, che garantisce all’immagine l’equilibrio della regola.
Tale prospettiva del racconto puro conferisce dignità alle ombre lunghe del paesaggio marino, al profilo invernale del Vesuvio, simile alle vedute del monte Fuji di Hokusai, al sirtaki di Myrina, al tombino della Arin-Azienda Risorse Idriche di Napoli. In un simile viaggio nelle manifestazioni del quotidiano, ogni storia è degna di essere raccontata perché lo sguardo del viaggiatore è sempre incuriosito dall’aspetto delle cose, che sia una nave ormeggiata nel porto, una sagoma tracciata con il gesso sull’asfalto o lo cicca di una sigaretta incastrata tra le crepe del marciapiede. Colori e forme, animali e persone, sono soggetti dinamici, depositari di racconti da tramandare e interpretare, tutto il mondo diventa scenario da descrivere procedendo lungo l’itinerario della rappresentazione.
I punti di vista dell’artefice e del fruitore coincidono perfettamente, intersecandosi nell’atteggiamento dell’osservatore curioso, esplicitamente citato in un’opera, Disegno e canto, nelle sembianze di un ragazzo che disegna qualcosa su un taccuino, in equilibrio in una posizione precaria e a torso nudo, richiamando al giovanetto del Concerto caravaggesco. Questo sguardo non impone una gerarchia arbitraria al mondo esterno ma riflette sulla distanza dal reale, disponendo i punti di vista su una traiettoria ellittica che orienta la percezione dello spazio e scandisce le manifestazioni degli eventi secondo nessi causali. Credendo fortemente che il senso delle cose sia presente nella loro stessa disposizione.
Mario Francesco Simeone
mostra visitata l’11 dicembre 2014
Dall’11 dicembre 2014 al 13 gennaio 2015
Ferruccio Orioli, Di cieli di terre di acque
Banca Fideuram – Palazzo Partanna, Napoli, Piazza Dei Martiri 58 (80121)
Orario: da lunedì a venerdì dalle 9,00 alle 17,30