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Fino al 13.II.2016 | Anri Sala | Galleria Alfonso Artiaco, Napoli

di - 11 Febbraio 2016
La membrana del tamburo vibra, l’energia si infrange e disperde tra i materiali producendo un suono. Le bacchette colpiscono la pellicola sottile e sembrano condurre il ritmo ma non c’è nessuno a suonare. Un fascio di luce investe quattro teschi, immobili e sospesi su un altro rullante, le loro ombre compongono una forma indefinita sulla superficie, trasformando la rappresentazione di una vanitas in un’astrazione. Una grande cassa acustica è fissata al soffitto con robusti fili d’acciaio e arriva a pochi centimetri dall’impiantito, le sue frequenze trasmettono un brusio basso e intermittente.
Per la sua terza personale nella galleria di Alfonso Artiaco, Anri Sala (Tirana, 1974) espone una serie di opere che sintetizzano la sua ricerca sulla musica, interpretata come comunicazione non verbale, linguaggio potenziale e aperto alla permeabilità. L’artista albanese, che vive e lavora a Berlino, ha studiato violino per sette anni, prima di abbandonare la musica per la pittura. Poi, ha lasciato la pittura per dedicarsi al video. Infine, questi ambiti hanno trovato un originale punto di coesione, come già era evidente nel suo progetto per il Padiglione Francese alla Biennale di Venezia del 2013, che fu allestito nel Padiglione Tedesco per onorare il 50esimo anniversario del Trattato dell’Eliseo, in uno storico scambio di spazi in nome del dialogo tra le sfere culturali. La videoinstallazione Ravel Ravel Unravel era formata da grandi schermi sovrapposti che decostruivano, visivamente e sonoramente, il concerto per sola mano sinistra composto da Maurice Ravel su commissione del pianista Paul Wittgenstein, fratello maggiore del Ludwig filosofo, amputato del braccio destro in seguito a una gravissima ferita di guerra.

L’onda sonora che diventa materia da scomporre e ricostruire, la sinestesia che cortocircuita gli ambiti percettivi, il raccordo invisibile tra elementi distanti nello spazio, sono temi ricorrenti nella personale napoletana che riunisce una serie di opere realizzate nel 2015. No Window No Cry è un’installazione composta da un carillon di ottone incastonato in una finestra. Il vetro è deformato in corrispondenza del piccolo oggetto, una concavità che, generata dal lento lavorio della forza acustica, altera la forma di ciò che compare, l’aspetto del reale si adatta, assecondando l’armonia del suono. Still life in the Doldrums (Don’t explain) è un pastiche di elementi sonori e visivi. Brani orchestrali dei classici cartoons di Hanna e Barbera, composti da Scott Bradley, e pezzi del repertorio jazzistico, si sovrappongono, suonati contemporaneamente da un rullante azionato da bacchette a forma di osso. Il memento mori è ribadito dai quattro teschi di cezanniana memoria che, sospesi sullo strumento musicale, compongono un assemblaggio multimediale tra l’illusionismo simbolico della pittura e la cruda concretezza delle dimensioni, tra la condizione effimera delle voci di Billie Holiday e Nina Simone e la promessa di eternità mantenuta dai dispositivi di riproduzione. Manipolata come un fluido, la musica si scinde e ricongiunge in Moth in the Doldrums. Qui, due rullanti, uno posizionato a terra e l’altro appeso al soffitto della stanza successiva, suonano Overtone Oscillations, performance di Sala presentata al Barbican Centre di Londra, in cui l’Internazionale e la Marsigliese venivano cantate in un assemblaggio vocale, unendo due toni nello stesso momento, per interpretare la fusione storiografica tra i due brani in chiave vocale. Le parole originali dell’Internazionale furono scritte nel 1871 da Eugène Pottier, operaio e poeta, per celebrare la Comune di Parigi ma Pierre Degeyter ne scrisse la musica solo nel 1888. Prima di allora, il canto veniva intonato sull’aria della Marsigliese, composta nel 1792 come canto di guerra dell’Armata del Reno.
Questo percorso riecheggiante di corpi sonori, è compreso tra due grandi carte che si richiamano dai lati opposti della galleria. Sui fogli, sono disegnate due spirali irregolari, brevi segmenti intersecati ne compongono le curve. Le opere presentate fanno parte della serie Lines recto verso e riproducono le linee sovrapposte dei palmi della mano sinistra, l’una, di Carl Gustav Jung, Igor Stravinsky e Aldous Huxley, l’altra, dello stesso Sala e di due artisti suoi amici, Saadane Afif e Jean-Pascal Flavien. Elemento che ritorna nella teoria e nella pratica della composizione musicale, usato anche nei brani di Béla Bartók, Claude Debussy, e Karlheinz Stockhausen, la sezione aurea rappresenta il rapporto numerico che intercorre tra gli armonici naturali. Qui, la linea frattale segue una traccia imperfetta, non calcolata, derivata dalla reiterazione di elementi anatomici ma ugualmente dotata di una omotetia intrinseca e vitale che si sviluppa per scandire il ritmo di una superficie.
Mario Francesco Simeone
Mostra visitata il 18 dicembre 2015
Dal 18 dicembre 2015 al 13 febbraio 2016
Anri Sala
Galleria Alfonso Artiaco
Piazzetta Nilo, 7 – 80134, Napoli
Orari: dal lunedì al venerdì, dalle 10.00 alle 20.00
Info: info@alfonsoartiaco.com

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