Una memoria, un ricordo dalla concretezza tangibile, più che un semplice omaggio, è quello che Casamadre, negli ampi spazi di Palazzo Partanna, offre a uno dei maggiori artisti italiani del secondo dopoguerra, al grande Luciano Fabro, scomparso nel 2007. Lo scultore delle tautologie, delle forme vere, che egli stesso pretendeva fossero di «facile lettura», per scansare così le «ridicole interpretazioni», l’artista la cui complessità teorica e il cui rigore formale suscitano ancora ammirazione e sconcerto, viene celebrato con un progetto espositivo a lui interamente dedicato e realizzato in collaborazione con la Galleria Stein di Milano e l’Archivio Luciano e Carla Fabro.
Negli stessi ambienti in cui fu presentato da Lucio Amelio nel 1976 e in quella stessa città che lo aveva ospitato, Luciano Fabro ritorna attraverso un racconto dei momenti principali della sua carriera, con l’esposizione dei punti forse più alti della sensibilità artistica di questo straordinario signore intimamente friulano.
In mostra, nella Galleria di Eduardo Cicelyn, due delle famose Italie di Fabro, vero e proprio segno distintivo della sua produzione, per la molteplicità di forme e posizioni assunte da queste penisole. L’Italia all’asta – prototipo di quella di più di 30 metri realizzata nel 1994 ed esposta in Piazza Plebiscito, che aveva messo in evidenza le contraddizioni di un luogo che era stato patibolo e zona di festeggiamenti – ripropone e rende di nuovo chiara quell’idea, che aveva mosso l’artista, di un’Italia sospesa, tenuta a mezz’aria, tardiva e ancora in attesa.
L’Italia segata, invece, realizzata nel 2006 con i resti dell’acciaio utilizzati per la grande Italia all’asta, risente del tempo che è trascorso e della nuova temperie cui l’artista sicuramente ha assistito, con occhio calmo e discernimento. Quasi un’opera dalla vaghezza orientale, la cui leggerezza, nonostante i materiali, ricorda la tecnica dell’origami.
In effetti, la procedura creativa di Fabro è ben esemplificata in un suo scritto, edito da Einaudi nel 1978, in cui l’artista afferma che «certe materie per colore e forma stanno bene assieme, anzi spesso, sono state scelte a rappresentarsi l’un l’altra: la pietra, il bronzo, il vetro, il tessuto». Dunque, una creatività che gioca sui pesi e sulle strutture, sulle dimensioni e sui rimandi poetici degli specchi e delle impronte, di ciò che volutamente si imprime.
Nella grande stanza centrale della Galleria, sono esposte le tre sculture della serie Gioielli, degli anni ’80, dove il confine tra quadro e scultura diventa impercettibile, quasi irrilevante. Cristo, Buddha e Zarathustra, sospesi al soffitto, si ammirano da ogni possibile punto di vista, l’uno dentro l’altro, con una prospettiva unica e spirituale, sebbene al di sopra della religione.
Attraverso le architetture che riesce a definire, Fabro annienta quelli che chiama «gli spazi semplificati dell’arte» dove, cioè, lo stesso punto di arrivo dell’arte è stato semplificato e raggiunto dal pigro con il minimo sforzo, per poter controllare gli altri pigri e soprattutto coloro che, per fortuna, vogliono scavalcare quella pigrizia.
Elvira Buonocore
mostra visitata il 19 novembre
Dal 13 novembre al 13 dicembre 2015
Luciano Fabro
Casamadre Arte Contemporanea
Piazza dei Martiri, 58 – 80121, Napoli
Orari: dal lunedì al sabato, dalle 10.30 alle 13.30 e dalle 16.30 alle 20