Il mezzo è l’aria, come direbbe Enrico Ghezzi. L’aria intrappolata in sette caratteri di gomma
bigger than life. La colorazione è progressiva, le dimensioni arrotondate ma regolari. Si legge
Fullofu. Una formula breve, condensata, perfetta per aprire o chiudere in lingua inglese un sms coinciso e giovanilistico.
Pieno di te, pieno di quell’aria investita nel gonfiaggio di una frase
camp di metri sei per uno che s’impone nella project room della NotGallery.
La galleria partenopea sceglie per la seconda volta
Michael Panayiotis (Nicosia, 1966), che torna negli stessi spazi anche con una selezione di opere grafiche. L’artista cipriota ha avuto nuovamente l’opportunità di incrociare a Napoli la sua traiettoria artistica con quella delle connazionali
Klitsa Antoniou e
Melita Couta, impegnate nella collettiva
Body al Casoria Contemporary Art Museum dove, nel 2005, i tre membri dell’
Artrageousgroup avevano debuttato insieme nella mostra inaugurale
100 Artists for a Museum.
L’asse tutto mediterraneo Nicosia-Napoli via mare si è rafforzato nell’ultimo trimestre 2007 anche grazie al soggiorno partenopeo di un altro artista cipriota,
Christodoulos Panayiotou, beneficiario di un residence program bimestrale organizzato da Exposito.
Rispetto alle colleghe dell’Artrageousgroup, con particolare riferimento alla produzione artistica di Melita Couta, i lavori di Panayiotis appaiono meno legati ai luoghi comuni della figurazione classica (si pensi a
Urban Legend, personale di Couto al Diatopos Centre of Contemporary Art di Nicosia). Il dialogo con l’antico si regge su un sistema di corrispondenze piu sottili, leggere come i lavori grafici di piccolo formato che circoscrivono la
vis decorativa dell’opera parietale
Aaaaa… (2006), gia vista alla NotGallery, e di
Together Forever (2005), stampa della cartina di Cipro esposta qualche anno fa alla Rena Bransten Gallery di San Francisco.
Questa volta Panayiotis contiene la propria esuberanza floreale a favore di soluzioni grafiche più nette. Le undici tavole ospitano strutture architettoniche fantastiche, costruite a partire da ossi-assi, incastrate in costruzioni prospettiche improbabili. Oggetti figurativi precari come la colonna vertebrale che funge da trespolo per gli onnipresenti uccelli avvolti nella mestizia, o anche come rifugio costruito con le costole di un mastodontico mammifero. La somiglianza formale con i modellini-scheletri di dinosauri in compensato è evidente.
Il mito di Sisifo diventa produttivo: l’ossario grafico condannato senza sosta a crollare su se stesso autogenera nuove forme. Ed è proprio sulle pareti che il gioco per il visitatore si fa stimolante.