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fino al 14.III.2004 | Pierre Yves Le Duc – GU | Napoli, Museo Archeologico Nazionale

di - 25 Febbraio 2004

Nella Sala della Meridiana, oscurata e appena trafitta da una luce azzurrata, si consuma il dramma
del Giudizio Universale secondo Pierre Yves Le Duc (Francia, 1964). Relegati nell’ombra la volta affrescata, gli intonaci color crema, gli stucchi e le tele ottocentesche, l’artista catalizza le emozioni dello spettatore su un intervento che declina, in dimensioni colossali, un misticismo disciplinato dal rigore intellettuale e filosofico di un modus operandi lento e meditativo, teso a conseguire un assoluto nitore di segno.
Con una dedizione da maestro zen, Le Duc ha disegnato un turbine di figurine tutte studiatamente differenti, volteggianti nei cento riquadri del gigantesco pannello che copre l’intera parete di fondo: graffiti bianchi spalmati sul fondo nero, versione verticalizzata e in piano di quelle visioni celesti ed apocalittiche che i pittori barocchi dipingevano nei catini delle cupole o sulle volte delle chiese. Un magma fitto di forme che, da lontano, sembrano foglie nella bufera, cartacce strapazzate da un’improvvisa folata di tramontana. Catturati in un vortice spiraliforme, i minuscoli antropomorfi sembrano precipitare, inghiottiti in un quadrato cieco al centro della composizione.
E se, invece, in quell’insondabile voragine si annidasse una forza centrifuga che, come un’esplosione, scaglia lontano da sé quei corpicini leggeri? Fatto sta che, risucchiati nel cratere o da questo respinti, a questi candidi omuncoli tocca un Giudizio Universale senza Dio: qui nessun Michelangelo scolpisce coi pennelli il gesto imperioso del Figlio di Dio atletico e inflessibile, accanto al quale si accoccola con ardito contrapposto la Vergine in posa serpentinata. Qui sono solo vuoto cosmico, e tenebre d’inchiostro. Qui non geme la fonda tuba del Requiem di Mozart, né scroscia argenteo il Gloria di Vivaldi, ma romba balbettando un carillon, rallentato e incupito come fosse sommerso in abissi marini. A questo spettacolo Nostro Signore, crocefisso e sospeso in orizzontale, volge le spalle. Su questo acrobata della fede piove un raggio di luce bianchissima, che gli brilla sul torso di bronzo e ne lascia in ombra le gambe. Assente, lontano, raccolto nella bellezza silente e composta di un Donatello padovano, questo Cristo pare aver abdicato alla funzione di dividere in eletti e reprobi un’umanità ormai travolta in un unico gorgo, condannata a una redenzione impossibile.

anita pepe
mostra visitata il 14 febbraio 2004


Museo Archeologico Nazionale, orario: tutti i giorni 9.00 – 19.30; chiuso il martedì. Biglietti: 6.50€; Ridotto: 3.25 € per i cittadini dell’Unione Europea con età compresa tra i 18 e i 25 anni; gratuito per i cittadini dell’Unione Europea sotto i 18 e sopra i 65 anni

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