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10
marzo 2008
fino al 14.III.2008 Kivuthi Mbuno / Richard Onyango Napoli, Franco Riccardo
napoli
Dove ruggiscono i leoni. Ma anche gli elefanti, le zebre e i rinoceronti. Viaggio a bordo di autobus scalcagnati o futuristici nell’Africa nera ma coloratissima di una doppia personale. Che mostra come “esotico” non sempre fa rima con “esotismo”...
Non di sola Cina si vive. Intendiamoci, nulla contro l’attenzione per il recente boom dell’arte cinese e asiatica in generale. Ma, come spesso accade quando un nuovo fenomeno s’impone all’interesse comune, si rischia di dimenticare che nel panorama dell’arte extra-europea esistono anche altri territori degni di incursioni. A ricordarcelo, guidandoci in un safari visivo nell’arte di Kivuthi Mbuno e Richard Onyango, è lo stesso Franco Riccardo che, nel 2006, tratteggiò le tendenze dell’arte africana contemporanea con la collettiva Africa Nera – Hic Sunt Leones: Protagonisti dell’Arte Africana.
Ritagliate da una linea così netta e cingente da ricordare il sintetismo di Bernard, le figurine di Kivuthi Mbuno (Kenya, 1947) inscenano sulle quinte sabbiose dei deserti o vivide dei fiumi e delle radure -con intenso contrappunto coloristico, valorizzato dall’allestimento che alterna toni freddi e caldi- storie eterne e ancestrali di vita quotidiana. Il riferimento al sintetismo non è inopportuno, dato che esso nasceva proprio dalla fascinazione per stili esotici e primitivi. Ma l’intensità del contorno cloisonné, l’energia compositiva bidimensionale e aprospettica, la forza delle tinte pure e quasi piatte di Mbuno, che tanto piacerebbero a Bernard, sono appetibili ancor più ai nostri occhi contemporanei, e non così lontane dai graffiti di Keith Haring: ulteriore prova dell’inconfutabile valenza visiva, allora come oggi, della capacità sintetica e astrattizzante africana.
A stento distinguibili tra loro, animali “antropomorfici” e uomini “animaleschi”, tutti caratterizzati con potente sintesi a metà tra la grottesca espressività dei comics e l’elegante naïveté dei disegni rupestri, narrano di un mondo in cui non esistono barriere né gerarchie di valore tra gli esseri. Utopia? Forse sì, per noi europei, capaci di concettualizzare tutto ciò solo sotto forma di mitologici “esotismi” da Eden perduto, ma non per la visione panica africana.
Salta a pie’ pari il rischio di leziose e cerebrali idealizzazioni anche Richard Onyango (Kisii, 1960: vive a Malindi). La sua costruzione di una “mitologia del progresso”, identificata nel diffondersi del trasporto su autobus, è interamente viscerale e per nulla da cartolina. Devotamente rappresentati con dovizia di particolari, come in un bestiario delle meraviglie, i coaches sembrano davvero prender vita, maestosi animali ruggenti con glorioso rombo di motore, tanto che a volte si guidano da soli, senza conducente. Proprio come gli squali e ghepardi che, senza tema di kitsch, li adornano.
Dai primi, approssimativi modelli agli scintillanti e fantascientifici prototipi, la carrellata di prodigi on the road è anche pretesto per indagare lo sviluppo del paesaggio, mutato da segni del progresso come le linee elettriche: inarrestabile corsa nel futuro di un continente che ha ancora tanta voglia, e diritto, di farsi vedere.
Ritagliate da una linea così netta e cingente da ricordare il sintetismo di Bernard, le figurine di Kivuthi Mbuno (Kenya, 1947) inscenano sulle quinte sabbiose dei deserti o vivide dei fiumi e delle radure -con intenso contrappunto coloristico, valorizzato dall’allestimento che alterna toni freddi e caldi- storie eterne e ancestrali di vita quotidiana. Il riferimento al sintetismo non è inopportuno, dato che esso nasceva proprio dalla fascinazione per stili esotici e primitivi. Ma l’intensità del contorno cloisonné, l’energia compositiva bidimensionale e aprospettica, la forza delle tinte pure e quasi piatte di Mbuno, che tanto piacerebbero a Bernard, sono appetibili ancor più ai nostri occhi contemporanei, e non così lontane dai graffiti di Keith Haring: ulteriore prova dell’inconfutabile valenza visiva, allora come oggi, della capacità sintetica e astrattizzante africana.
A stento distinguibili tra loro, animali “antropomorfici” e uomini “animaleschi”, tutti caratterizzati con potente sintesi a metà tra la grottesca espressività dei comics e l’elegante naïveté dei disegni rupestri, narrano di un mondo in cui non esistono barriere né gerarchie di valore tra gli esseri. Utopia? Forse sì, per noi europei, capaci di concettualizzare tutto ciò solo sotto forma di mitologici “esotismi” da Eden perduto, ma non per la visione panica africana.
Salta a pie’ pari il rischio di leziose e cerebrali idealizzazioni anche Richard Onyango (Kisii, 1960: vive a Malindi). La sua costruzione di una “mitologia del progresso”, identificata nel diffondersi del trasporto su autobus, è interamente viscerale e per nulla da cartolina. Devotamente rappresentati con dovizia di particolari, come in un bestiario delle meraviglie, i coaches sembrano davvero prender vita, maestosi animali ruggenti con glorioso rombo di motore, tanto che a volte si guidano da soli, senza conducente. Proprio come gli squali e ghepardi che, senza tema di kitsch, li adornano.
Dai primi, approssimativi modelli agli scintillanti e fantascientifici prototipi, la carrellata di prodigi on the road è anche pretesto per indagare lo sviluppo del paesaggio, mutato da segni del progresso come le linee elettriche: inarrestabile corsa nel futuro di un continente che ha ancora tanta voglia, e diritto, di farsi vedere.
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dal 7 febbraio al 14 marzo 2008
Kivuthi Mbuno / Richard Onyango
Franco Riccardo Artivisive
Via Chiatamone, 63 (zona Chiaia) – 80121 Napoli
Orario: da lunedì a venerdì ore 15.30-20
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 0815444300; info@riccardoartivisive.it; www.riccardoartivisive.it
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