Ponticelli, Napoli, Italia, giugno 2008. Sono importanti le didascalie della mostra di
Santiago Sierra (Madrid, 1966; vive a Città del Messico). Importanti perché, in tempi di sbarchi e respingimenti, di presidi spia e pacchetti sicurezza, di ronde fai-da-te e kebab illegale, fanno capire come quello che è successo un anno fa a Ponticelli, Napoli, Italia fosse una prefigurazione dell’aria che tira oggi nello Stivale (e nelle urne).
Perché il
problema immigrazione esiste e non si può certo liquidarlo, umanamente e politicamente, con le sole prospettive che sembrano attualmente in auge, e chissà quanto rappresentative del
Paese reale: la xenofobia rozza e aggressiva, la retorica buonista dell’antirazzismo da salotto. Se poi di mezzo ci sono i Rom, la situazione si complica. Perché “
loro” sono quelli che mendicano, borseggiano, stuprano, uccidono, fanno rivoltare quartieri e vacillare Giunte. “
Loro” non-vengono-qui-per-lavorare e non-vogliono-integrarsi-perché-non-fa-parte-della-loro-cultura. E poi “
loro” non solo sfruttano i propri, ma si prendono pure i bambini degli altri.
Nacque infatti dal tentato rapimento di una neonata del quartiere da parte di una giovanissima rom la rivolta del 2008 a Ponticelli, appendice purulenta di un territorio allo sfascio: minacce e raid punitivi contro il campo nomadi, con l’ipotesi di una “regia occulta”, dietro la quale molti adombravano l’artiglio della criminalità. E fanno riflettere frasi come quelle pronunciate ai microfoni di un tiggì nazionale da un’abitante del posto all’epoca delle “rappresaglie”: “
Li abbiamo fatti uscire dalle ‘casarelle’. Loro sono usciti e noi le abbiamo incendiate”. Della serie, la banalità del male.
Sierra indaga la cronaca in modo semplice e
obiettivo, austero e incisivo: scatti in bianco e nero e un video “trovato”. La prima parte della mostra evidenzia come l’insediamento di Ponticelli già versasse nell’abbandono e nel degrado prima dello sgombero ordinato dal Comune. E come ai cumuli di detriti e oggetti lasciati dagli zingari facesse “compagnia”, in quello che è stato uno dei periodi più bollenti dell’emergenza, un agghiacciante mare di
munnezza (proprio mentre i primi Consigli dei Ministri del neorinato governo Berlusconi venivano a benedire con la bacchetta magica la città appestata).
L’interrogativo se un reportage sia da considerare arte trova una risposta – affermativa – nello spazio dov’è allestito l’altro corpus espositivo: gigantografie di denti digrignati degli ultimi “superstiti” del campo. Canini e incisivi storti, cariati, placcati oro, serrati in un’espressione di rabbia in mezzo a quella saliva che fa tanto, per dirla alla Bauman, “
paura liquida” (ma i denti dei cittadini di Ponticelli sarebbero così diversi?).
Decisamente un pugno nello stomaco. Qualcosa da cui distogliere lo sguardo. Proprio come da “
loro”, il
disturbante della società stanziale. Immagini che hanno l’inoppugnabile valore di documento, da esibire, eventualmente, a chi ha ancora il coraggio di spacciare la cartolina di una Napoli “
porosa”, multietnica, accogliente.
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quello che fa ancora più male è che di un tema così delicato e così attuale ad occuparsene sia proprio uno "straniero" mentre gli "indigeni" fanno gli "indiani" ...
mah
nessuno dice una cosa che fa capire tanto altro su chi gestisce il museo. Si tratta di Santiago Sierra, artista che piaccia o non piaccia ha un curriculum di tutto rispetto riguardo frequentazioni museali (Biennale di Venezia, Moma NY, Ps1 New York, K-W Berlino etc etc.
Ebbene, non era presente all'inaugurazione, il direttore Cicelyn ci ha litigato.
Mi domando, ma è mai possibile che il direttore di un museo, non si riesca a relazionare con nessuno che non rappresenti qualcosa per lui, in termini gerarchici (Clemente, Kounellis, Schnabel, etc et) e di ricordi e storia personale (chiunque abbia avuto a che fare con Lucio Amelio)?
Non ci rendiamo conto, perchè a Napoli non cci rendiamo conto! che il madre è come si suol dire "una barca culturalmente scassata" che al di là della città non influisce per nulla, con un direttore che fa terra bruciata attorno a lui (ed alla città)? Questa la mia sensazione.
La vostra?
Io vivo a Ponticelli (che, voglio ricordare a tutti, è un ex quartiere operaio) e vi assicuro che non c'è solo la munnezza e il degrado, e quello che si vede è dovuto in gran parte al fatto che dopo il terremoto la politica ha deciso di ammassare un un ghetto metropolitano migliaia di persone senza ne arte ne parte, tutte insieme in un posto solo.
Adesso, la stessa politica da dei soldi in mano ad un artista venuto dal nulla (ma chi lo ha visto prima Santiago Sierra a Ponticelli), per farci fare queste belle foto ricordo da esporre nella bella bomboniera (Il madre) del centro!!!
Non c'è che dire è un bellissimo autogol, pagato a peso d'oro, è inutile cercare di negarlo, da queste parti proviamo grande godimento nel farci inculare dal primo che passa.
Santiago Sierra, fra qualche tempo magari mostrerà queste belle cartoline dal degrado della periferia Est in giro per il mondo, e non credo che questo farà aumentare il numero dei turisti disposti a pagare per visitare questo inferno.
Con gli stessi soldi spesi per Santiago Sierra, si sarebbero potuti attivare diversi progetti per portare in gita i bambini delle scuole di Ponticelli, oppure pagare qualche associazione che porta gli artisti nelle scuole, o qualsiasi attività culturale che allievi il peso che provano quotidianamente questi bambini costretti dalla politica a crescere in un luogo degradato.
La verità è che si naviga a vista, e i vecchi volponi stanno già indossando i salvagente, i paracadute, per pararsi il culo adesso che verranno gli altri...
Caro Scarpa la tua banalità è stucchevole! Con gli stessi soldi (spesi per Siarra) si poteva fare qualcosa per Ponticelli.
Ma quando la smettete di piagnucolare e quando vi imporrete e chiederete che cultura e vivibilità di un'area e di un quartiere hanno la stessa importanza. Non si tolgono i soldi ad una mostra per fare altro, ma si finanziano entrambi adeguatamente per portare avanti una società migliore (anche grazie all'arte)
Basta con ste banalità.
Meno soldi a Sierra e più a Ponticelli.
Tra l'altro sicuramente sono soldi destinati in partenza (dall'europa che finanzia il madre) solo a fini culturali.
Ho visto la mostra di Sierra, e non credo che sia servita a far crescere alcuno.
Se proprio vogliamo dirla tutta, la figura dell'artista straniero che arriva nel posto degradato, ne resta affascinato e fa degli scatti ingenuotti e superficiali, è ormai trita e ritrita. In questo caso Sierra non ha aggiunto niente di nuovo. Proprio niente.
Ma perchè non si realizza un piccolo museo in ogni 167 e 219 della regione campania? Basterebbero un paio di stanzette per museo e poi metterli tutti in rete. In genere in questi luoghi c'è sempre qualche appartamento vuoto utilizzato per lo spaccio o per piccole attività criminali. La regione e le province potrebbero stanziare qualche spicciolo per consentire il lancio delle attività.
Il MADRE è un ottimo contenitore per turisti e per il businnes delle gallerie private, ma non rappresenta il vasto territorio delle periferie e del fuori centro.