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Non si gioca con i termini della filosofia, non senza l’astuzia di averne compreso il trucco, la pratica dell’eccezione che la contraddistingue sempre, interferendo con la logica parziale della nostra comprensione. Lo fa, tuttavia, con un autentico interesse fuor di intellettualismi, l’artista campano Pier Paolo Patti, impegnato da oltre dieci anni nel settore della videoarte, adesso in mostra con la sua prima personale napoletana presso la Galleria PrimoPiano di Antonio Maiorino e Massimo Pastore.
Precisamente pensata per i mutevoli spazi della home gallery di Via Foria, la personale a cura di Raffaella Barbato richiede un’aggiunta emotiva al visitatore, un sovrappiù in termini di compassione. Se è scontato alla nostra carne provare tristezza accanto a un cimitero o contrizione davanti a un documentario sulla guerra, non è certo ovvio procurarsi un supporto in compassione quando si visita una mostra d’arte.
“Abbà, perdono e inconsapevolezza” è il titolo di un lavoro che impone, seppur trasversalmente, una visione dantesca dell’esistenza, in cui l’attraversamento di un percorso inevitabile e autoimposto da una umanità maldestra e violenta, spinge il visitatore in tre stanze, sensibilmente diverse, dedicate all’Immanenza, all’Incarnazione e alla Trascendenza. È nel disegno di questo viaggio, cromaticamente segnato rispettivamente dai colori nero, rosso e bianco, che ritorna il linguaggio filosofico con le sue pieghe, i suoi interstizi più complessi.
Trascendenza, Books of innocence, Sala della Trascendenza
L’artista, forse inconsapevolmente, come del resto avverte nel titolo, coglie il diverbio intimo che sta in quei termini implacabili che richiamano le scritture evangeliche, alle quali Patti ha dedicato il tempo dell’artista curioso, genuinamente interessato. E se la prima stanza fagocita il viandante con l’imponente parete delle Croci al valor civile, restringendo troppo il concetto di immanenza alla sola constatazione di esser vivi o morti, la seconda stanza brilla di una sua naturale poesia.
Il diverbio intimo delle parole diventa privacy assoluta con Quanti pani avete?, opera che richiama la carne vera, quella che ciascuno deve essersi sentito addosso nell’osservare la sequenza di frame che mostrano l’attacco di una cellula tumorale ad una cellula sana. Era necessaria l’intimità, la piega, la profondità, in una personale altrimenti troppo spinta sul male generico.
L’affaccio dell’artista sul mondo è apprezzabile e produttivo, così pure un amore forse ereditato per il foglio, per la carta e i suoi resti quasi papiracei, evidente nella terza stanza. Tuttavia lo snodo vero, le possibilità di Patti potrebbero essere altrove, più all’interno di sé, in un clima cioè meno aperto e gioviale.
Del resto, sebbene l’arte si rivolga sempre a una generica sensibilità collettiva di nome x, la scelta di temi che dominano la nostra cultura come vessillo negativo e nei quali si realizza concretamente il nostro margine d’essere umani, dovrà, forse automaticamente, richiedere uno sforzo nel senso opposto, cioè verso una specifica, unica, sensibilità.
È possibile, allora, che l’artista coinvolga, pur senza una piena coscienza, la sacralità e le sue regole per poter rispondere a se stesso, ai suoi interrogativi personali, solamente suoi.
Elvira Buonocore
Mostra visitata il 4 dicembre 2017
Dal 24 novembre 2017 al 15 gennaio 2018
Pier Paolo Patti, Abbà, perdono e consapevolezza
Galleria PrimoPiano
Via Foria 118 – 80137, Napoli
Orari: mercoledì e giovedì dalle 15.30 alle 19.30; gli altri giorni su appuntamento
Info: primopianonapoli@gmail.com