“Perché sono venuto a Napoli? Non so, posso dire solo
che sono arrivato con una valigia e ci sono rimasto un bel po’”. Nasce per caso, come tutte le
più belle storie d’amore che si rispettino, il rapporto privilegiato della
città partenopea con l’obiettivo del reporter
degli Young British Artist,
Johnnie
Shand Kydd (Londra, 1959), in mostra al Madre di Napoli con una serie di scatti realizzati
negli ultimi anni proprio nel discusso capoluogo campano.
Ma la metafora non si ferma qui, perché il fotografo
subito dopo dichiara di non essersi accorto di quanto fosse diventato
“dipendente”
dalla città se
non quando se n’era allontanato, tornando a Londra,
“come nel tipico love
affair”. Davvero
una tormentata
liaison da grande schermo, con le sue gioie e i suoi contrasti, che sono
forse ciò che la rende così avvincente:
“Napoli non è una città facile ma
dura, eppure è proprio questo ad affascinarmi. Io non resto in hotel come molti
turisti fanno, amo la sua confusione, la sfida che pone, e non ho mai avuto
timore vivendola. Solleva moltissime domande e non risponde a nessuna di esse”.
Un contatto viscerale, senza riserve, quello dell’artista
con la sua “amata”, restituito in una carrellata quasi cinematografica di
istanti in bianco e nero di grande eleganza compositiva, e che ne investiga
proprio, memore forse dell’esperienza trasgressiva degli Yba, gli eccessi e le
stravaganze: la tradizione della
figliata dei
femminielli napoletani, l’esibizionismo delle
spose in cerca sul lungomare di foto indimenticabili, i ritrovi balneari dei
gay.
Rivestendo, attraverso il filtro dell’“innamoramento”,
anche il degrado e l’illegalità di una patina glamour e di una stupita
ammirazione:
“C’è sempre qualcosa di mai visto a Napoli, ma anche una vena
di strisciante malinconia, che pure trovo seducente”. Certo, si avverte l’occhio “esterno” e in alcuni casi
“acritico” di chi ama la tempesta proprio perché la osserva dalla riva, ma è
forse proprio questa la peculiarità che consente all’artista di scampare il
rischio dell’oleografia, lasciandosi colpire dai dettagli con la naturalezza di
chi non mira a formulare manifesti socio-politici:
“Non sono un fotografo
teoretico, ma spontaneo”.
Un beato distacco ben colto da Eduardo Cicelyn, direttore
del Madre: “
Napoli affascina gli artisti perché c’è la vita reale, e la vita
reale puzza! Shand Kydd fotografa come nessun napoletano farebbe, senza
moralismi. I suoi scatti non sono mai oleografici, perché in essi vi sono tutti
gli stereotipi, ma egli li guarda in faccia mentre li riprende, senza
preconcetti, riuscendo a esprimere il perturbante, il senso di agonia della
città”.
Con quell’innamoramento che solo una conoscenza in fase
iniziale può garantire.