Al primo piano del Maschio Angioino (sala Carlo V) parte il viaggio nel Labirinto nel tempo attraverso le fotografie di Napoli e la sua provincia realizzate da Alain Volut.
E’ stato l’Ente Provinciale per il Turismo di Napoli ad affidare al parigino che vive e lavora a Pozzuoli ormai da dieci anni la descrizione della terra partenopea, attraverso il proprio obiettivo ed i propri colori: il bianco e nero.
Un vero e proprio viaggio tra luoghi e tradizioni, tra storia e costume, folcklore e fede, persone e cose. In tutte le fotografie si nota qualcosa che ci appartiene, qualcosa che è insito nell’anima napoletana. Volut si è mosso silenziosamente, con la sua Leica, per la nostra terra e ha colto con grande capacità gli attimi salienti dei nostri gesti, dei nostri riti; è riuscito a farci notare angolazioni diverse dei nostri paesaggi, occhi nuovi per la nostra storia e i nostri luoghi. E allora perché non contrapporre la vita di un frutteto in fiore all’idea di morte del Vesuvio? E allo stesso tempo ricordare la colata del 1944, e le modifiche avvenute sul territorio, la storia di questa terra in balia del magma vista finalmente come una creatura da non temere. Tradizione mista a folclore danno vita alla tipica fede campana alla Madonna dell’arco, rappresentata da Volut non con le tipiche scene cruenti ma ritraendo un bambino nella sua divisa da battente, (i battenti, o meglio fujenti, sono i devoti alla Madonna, vestiti di bianco con una fascia azzurra messa di traverso, che durante le celebrazioni percorrono correndo lo spazio che li separano dal Santuario) circondato dagli innumerevoli e tipici stendardi. La gioia della festa con “i Zezi degli operai di Pomigliano d’arco” e il suo carnevale, un misto di tradizione e innovazione, una “tammuriata” in jeans o il palo di sapone della festa della Madonna Assunta a Pozzuoli, dove il parigino napoletano riesce a catturare sul suo negativo il concorrente di turno un attimo prima che afferri la bandierina del premio.
Le foto “architettoniche” ritraggono particolari sotto gli occhi di tutti, eppur trascurati. Possiamo provare ad immaginare il volto del compagno di Ulisse, visto che quel che rimane è una statua abrasa dal tempo e dal mare; sentirci come fantasmi o come Dei, negli scavi di Ercolano o Pompei, perché a prendere vita sono le statue, i luoghi.
Napoli è raccontata attraverso il presepe, le botteghe di San Gregorio Armeno e quella dell’ospedale delle bambole di Luigi Grasso. Oppure la bottega di Giuseppe Cesarini specializzata in restauro di pastori ed arte sacra. Non manca il mare, il sole, la pesca, le foto di Procida, di Ischia, dove si evince la notevole capacità di inquadrare nel rettangolo della fotografia, allo stesso tempo, la tradizione e l’innovazione del linguaggio fotografico.
Il linguaggio di Volut è fatto di rimandi e di gesti quotidiani dove il richiamo al suo maestro, H.C. Bresson, è naturale ma anche riduttivo ed è un paragone che per quanto altisonante, ormai gli sta stretto. Il suo modo di fotografare è culturalmente francese: egli cammina per ore e ore in silenzio per le strade, per cogliere l’anima delle cose, l’improvviso, il minuscolo elemento rivelatore. Volut, studente di fisica con esperienze teatrali e cinematografiche, è attratto da Napoli, dalla sua vulcanicità, dalle sue pietre grigie e nere, dal suo vitale caos,che rende questa città unica al mondo.
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Carolina Guadagni
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Qui il piatto piange...Per la mia candela verde!!!....
Che qualcuno ci venga a salvare per favore...
Siamo tutti vittime della Fuffaro... Ah già.. si scrive Furfaro...ma la piaga è infinita...
Arroccati nel Castello i Comunardi non mollano un pidocchio...S'ingozzano come Maiali... E si chiudono nel vuoto...E l'Arte? Dov'è finita l'Arte?
Un milione di dollari a chi la trova per primo....