Quei baffetti là, neri e uniti, li abbiamo visti sul volto del dittatore antisemita, e anche quell’aquila con le ali spiegate c’era già tra i soggetti degli espressionisti tedeschi. Il blu degli acquerelli, invece, si stendeva nei monocromi di
Yves Klein e quegli uomini calvi con i contorni netti, che mangiano arance su sfondi pastosi, se non rientrano propriamente nell’italica transavanguardia, certo le si avvicinano parecchio.
È una breve esposizione universale di pittura figurativa? No, si riavvolge il nastro della grande raccolta di un plotone di opere, centoventi tra dipinti, acquerelli e sculture, allestite in sequenza cronologica, di
Georg Baselitz (Deutschbaselitz, 1938).
Grandi tele seguite da acquerelli e, in prima visione assoluta, i bozzetti preparatori di
Orangenesser -che però sono curiosamente disposti alle pareti come fossero quadri- mostrano il forte legame di Baselitz sia con la Germania, in un rapporto conflittuale d’amore e autodifesa dalla sua storia bellica, sia con l’insieme dell’espressione artistica senza confini temporali tra oriente e occidente, continente africano e americano.
Nasce presto il sentirsi
outsider, come Baselitz si definisce, e si concretizza nell’espulsione dall’Accademia di Berlino Est per “
immaturità socio-politica” nel ’56. L’esperienza a Parigi nel ’61, dove conosce la pittura informale di
Fautrier e
Dubuffet, e soprattutto
Antonin Artaud, segna indelebilmente la visione esistenzialista dell’artista tedesco.
Al
Manifesto Pandemonio, dove Baselitz fissa l’amara inutilità del poeta nella società all’alba del boom economico coi versi: “
I poeti stavano nel tombino, il loro corpo nel fango…”, si associano i volti fissi nel vuoto di
Oberon, nella ricercata forma figurativa di uomini in lotta contro animali come
B für Larry.
La provocazione è espressione di novità artistica e concettuale, è uno schiaffo alla Germania “
diventata di nuovo una provincia” rispetto all’America di
PollockGrande notte persa, soggetto scandaloso del 1963, ispirato al poeta Brendan Behan, che recitava mostrando platealmente il membro virile. Questa è l’opera più importante della sua poetica, che rimane un punto di riferimento ancora oggi nei segni alquanto baconiani de
La grande notte persa, purtroppo non presente a Napoli.
Non c’è un forte stacco tra il passato dei dipinti
frattura o di quelli
capovolti, perché nell’ultimo periodo, Baselitz si è votato a un riarrangiamento delle opere degli anni ‘60-’80: sono i
Remix, dove ri-compaiono vecchi temi,
Eroi nati seguendo i corpi distorti e i colori allucinati di
Rosso Fiorentino o
Pontormo durante il soggiorno fiorentino nel ’65. Iconici
Idol d’annata e sottili sculture in legno dalle suggestioni africane provenienti dalla Biennale di Venezia targata 1980 si contrappongono all’altro piede di
Ismus 2006. I tratti violenti di
Orangenesser alla
Enzo Cucchi sono poi auto-liberamente tratti dal
Mangiatore di arance del 1982.
La retrospettiva si completa didatticamente con gli ultimi
Remix del 2007, come
Il salto e
Remix perso, due revival del solito ometto coi baffi, ma idealmente meglio tornare alla scorsa Biennale, dove i grandi eroi di Baselitz si affiancavano ai dischi di
Emilio Vedova nell’
Omaggio tra chi è sprofondato nelle ferite della realtà, portando i segni sulla superficie pittorica tra lacerazioni e profonde incisioni.
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niente di che, andate a milano a vedere Bacon...
La grande notte è nella prima sala della mostra al Madre. Possibile che la ragazzotta non l'abbia vista!!!!
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se ne può fare decisamente a meno...
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