Entrando lo spettatore è invitato, attraverso un coinvolgimento fisico, a compiere un percorso mentale soggettivo, a scoprire ricordi e sensazioni guidato da un senso quasi claustrofobico. La prima cosa che si percepisce è che i parametri spaziali sono stati completamente sovvertiti, pavimento soffitto e pareti non esistono più: al buio si sente solo l’umido odore della terra e il morbido tappeto di muschio su cui si posano i piedi.
L’impatto con la seconda stanza è completamente diverso, la piena illuminazione rende visibile un oggetto inquietante e misterioso che pende dal soffitto e che al di là della superficie chiusa, rivestita anch’essa di terra e muschio, cela un segreto.
Eppure Maddalena Ambrosio non è affascinata dall’essenzialità plastica di questa forma assoluta che non ammette alcun rapporto con lo spazio esterno, ma piuttosto dalla sua superficie tattile e dalla sua consistenza fisica che rinvia a una simbiosi irraggiungibile tra uomo e natura. Il lavoro esposto in questa sua prima personale, colpisce proprio per la leggerezza con la quale riesce a esprimere tematiche profonde: il tema della rinascita, la metamorfosi e la ricerca dell’immortalità che si innestano in modo inquietante con la questione della manipolazione del Dna e la possibilità di associare il vivente al non vivente.
Per l’artista la sperimentazione del linguaggio vive di una sua propria componente biologica che rappresenta un improbabile e ulteriore stadio evolutivo dell’umanità. L’arte è conoscenza intuitiva di queste forze perenni della creazione, mira a cogliere il rapporto originario dell’uomo con la natura, un’esperienza ancestrale dimenticata con gli anni, in cui la forma diventa solo traccia di una presenza fisica, impressa per sempre nella realtà naturale, a dispetto del tempo che passa.
C’è un ambivalenza che racchiude in sé l’identità di questa mostra: da un lato il sentimento nostalgico per l’armonia perduta, dall’altro il prefigurarsi di uno scenario futuro con l’elaborazione di una nuova specie, una sorta di paradossale e visionaria mutazione. La curiosità che sorge spontanea davanti a questa scultura chiusa su se stessa è dovuta all’idea che la forma visibilmente racchiude in sé il mistero della nascita, allude anzi a una rinascita sotto forma di nuova specie. Ma noi non vediamo l’esemplare venire alla luce, possiamo solo immaginarlo. Così nella natura la Ambrosio non cerca qualcosa di altro o di diverso, ma la realtà profonda del proprio essere. Non esplora il mondo alla ricerca di sensazioni nuove, ma indaga se stessa per scoprire le origini, i motivi remoti delle proprie sensazioni.
maya pacifico
mostra visitata il 12 marzo 2004
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