La tavola Simple-hearted Jinx preannuncia la catastrofe del nano-cosmo antropomorfico tratteggiato con minuziosa dovizia da Mario Maffei (Napoli, 1975). Si tratta dell’unico disegno esposto in cui l’uomo suburbano, o quel che resta di lui, si assenta dalla carta per ricomparire nelle altre nove tavole con il suo corpo inquieto, mutilato, abbandonato a se stesso. Unica eccezione alla regola “grafica” (segno grafico come norma scritta inesorabilmente stabile) il disegno di cui sopra, che descrive una funesta giacca nera dislocata su un elegante tappeto di segni.
Il seme dell’infortunio trascolora da un corpo all’altro. Come avrebbe detto Edoardo Sanguineti, il segno si traveste prima di lasciarsi smascherare dalla citazione. Non a caso, in un’intervista rilasciata a Pericle Guaglianone per Exibart, lo stesso Maffei avrebbe confessato la sua ammirazione per il lavoro del compianto Leigh Bowery. Talvolta i disegni instaurano un rapporto metonimico con il proprio titolo, come nel caso di Llorona the Tiger e Yellowtail Kingfish, dove i titoli agiscono come didascalie che definiscono il contenuto dei disegni stampati sulle t-shirt indossate da queste figure trasandate che ricordano quelle del disegnatore svedese Magnus Carlsson (autore anche del videoclip Paranoid Android dei Radiohead).
Le mummie urbane di Maffei, campite in maniera uniforme, spesso convivono sullo spazio del foglio con un brano astratto o comunque ai limiti del figurativo. Quasi si direbbe un tubo fluorescente che può assumere le configurazioni più svariate.
Nel disegno Theorem Number 4 la figuratività del brano viene attivata per assumere le sembianze di un oggetto di scena (im)praticabile. Ma si tratta davvero della sagoma di una porta? Mario Maffei alla sua prima personale mette in scena una “toilette de l’infortune”, una parata muta di corpi che si adagiano un mosaico regolare di segni che si infittiscono come tanti coups de fouets delineati a colpi di china. Corpi fasciati sinistrati, (non) viventi dislocati su un tappeto decorativo scrostato da ogni residuo ideologico.
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giuseppe sedia
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...quando si dice avere il dono della sintesi!!!
Complimenti vivissimi!!!
non ci si capisce un accidenti in questa recensione. comunque la mostra è bella e maffei è bravo.
Come sempre accade, mi scopro rapita dal tuo modo di scrivere...non ho visto la mostra, ma ti assicuro che mi hai lasciato addosso un'inesplicabile voglia di vederla, scrutarla entrare nella sua introspezione...rammarico soltanto il fatto che sia già terminata...mi duole molto il non esserne venuta a conoscenza prima...di certo posso dirti che mi hai comunicato molto...e credo non ci sia cosa più bella di comunicare delle emozioni con il solo uso della scrittura...con te le parole prendono forma e colore, vengono dipinte dal colore della passione che è in te quando scrivi...