Azione, riflessione, reazione. Work in progress in tre atti. L’antefatto è raccontato nel video che accoglie gli spettatori all’ingresso. Due i protagonisti:
Iabo (Napoli, 1980), munito di guanti, spray e stencil prepara uno dei “manifesti urbani” che da tempo arredano i muri della città come impronte grafiche del suo passaggio notturno;
Augusto De Luca, noto fotografo partenopeo col vezzo del collezionismo, armato di scala e di santa pazienza, scolla i “pezzi” che da un paio d’anni rimpolpano la sua raccolta. Operazione su cui si fonda l’intera mostra, giocata fra installazione e performance. Loschi individui -sculture a grandezza naturale- con tanto di torce, funi e passamontagna, sono cristallizzati nell’attimo in cui ripuliscono le pareti della galleria. Il bottino è ingombrante e cospicuo. Lucidissimi quadri in plexiglas su cui si delineano piatti profili maschili dall’aria imbronciata. Severità amplificata dai baveri tirati in su, fregiati di simboli poco rassicuranti: teschi, saette e perfino un’Italia ribaltata e ferita, unico, scarlatto tocco cromatico suggerito da
Luciano Fabro.
Il resto è rigorosamente in bianco e nero. Nero, come l’umore dell’artista che -sentitosi depredato di ciò che è destinato al godimento collettivo- decide di reagire, sequestrando “il cacciatore di graffiti”. Rapitore e ostaggio irrompono dalla scalinata. De Luca è trascinato in gabbia e incatenato dall’artista stesso.
Ormai inerme, il “mariuolo” non può più accaparrarsi i poster che si trovano oltre la rete e, così, non gli resta altro che fotografarli. La performance è l’epilogo della lunga ed elaborata meditazione di Iabo sull’esigenza d’importare nel circuito artistico l’esperienza creativa maturata al di fuori di esso.
L’obiettivo è sgominare l’anacronistica idea di fare arte attraverso modalità operative lente e intimiste da cui deriva una fruizione inevitabilmente elitaria.
“L’arte deve confrontarsi con la produzione mondiale. Non è più pensabile, attualmente, porsi di fronte al cavalletto e dipingere la propria sporadica tela”. È quindi necessario un approccio più energico. L’artista deve conquistare spazi sempre più ampi, avvalersi di metodologie produttive veloci e indirizzarsi a un pubblico allargato. Con un occhio, però, sempre puntato sulla qualità:
“L’arte è nutrimento, cibo destinato a sfamare menti digiune. Non ha senso continuare a rimpinzare quelle obese”. Affermazione che chiarisce la sua pulsione a intervenire creativamente in strada, luogo di tutti e di nessuno.
Ora però i tempi sono maturi affinché quelle dinamiche si estendano da un contesto ufficioso a uno ufficiale. Nel frattempo Iabo continua a sperimentare metodi e strumenti comunicativi che rendano attuabile lo scarto. Una ricerca che si muove sinergicamente fra il virtuale e l’analogico, protesa a dare corpo al suo “democratico” immaginario visivo. Innovativa e imprevedibile, non delude le aspettative. Dunque, the show
will go on.
Visualizza commenti
ma siamo proprio alla frutta ! Ai galleristi: prendetevi qualche mese di vacanza e schiaritevi le idee.
Dimenticavo... la vacanza vale anche per i curatori e i critici che ruotano intorno alla not gallery.
commenti vacui, privi di spessore critico!
Siglio mio..ma perchè, invece di gettare veleno su tutti, non tenti (se riesci)un'argomentazione?! così il dibattito diventa anche più divertente e costruttivo!
Caro Siglio,
mi interessano molto le tue proposte di vacanza, dato anche il periodo....per caso hai un agenzia di viaggi?...cosa include il pacchetto?... e soprattutto posso usufruirne visto che sono solo un amico???
Facci sapere!
Sicuramente una delle mostre più belle e interessanti che ho visitato negli ultimi tempi a Napoli.Bravi.
STEFANO73