La mostra, curata da Luigi Fiorletta e Massimo Bignardi, propone circa cento opere dell’artista catalano, realizzate tra il 1950 e il 1983.
La scelta dei pezzi in esposizione è significativa per vari motivi: offre un saggio dei vasti interessi artistici di Joan Mirò, che spaziavano dalla pittura alla scultura, dall’incisione alla ceramica; testimonia un periodo particolare della produzione di questo artista, di passaggio dalla serie delle Costellazioni , di accesi colori e delicato lirismo, ad una fase in cui, attraverso la semplificazione della tavolozza e dei segni, esprime il massimo d’intensità con il minimo dei mezzi.
Simbolo dello spirito di questa esposizione è una serie di sei disegni a china e carboncino su cartone ondulato, esposti per la prima volta, e realizzati dal pittore nel suo studio, Son Boter, di Palma de Mallorca. Si tratta di una testimonianza significativa non solo di una fase artistica, ma anche della volontà di tendere ad una fusione delle arti, in quanto la linea disegnata percorre una superficie in movimento, in una suggestione di bassorilievo.
Son Boter è il simbolo dell’altra faccia di Mirò, di quella selvatichezza, come lui volle definire il lato sconosciuto della sua personalità, è il luogo in cui, attraverso i graffiti e i disegni tracciati sui muri, il pittore riscopre, dopo il fascino dei luminosi archetipi mediterranei, lo spirito dell’ignoto artista delle grotte preistoriche di Altamira, in Cantabria, e l’universo di simboli ed elementi del mondo rurale.
Il primo piano ospita scultura e ceramica.
La produzione scultorea, sebbene sia stata intensa soprattutto a partire dagli anni Sessanta, fu preceduta da una lunga fase preparatoria, testimoniata da numerosi taccuini di disegni.
I pezzi, realizzati in bronzo, rappresentano il repertorio più noto di Mirò: il tema della donna, degli uccelli, della stella, vocabolario formale che procede direttamente dalle Costellazioni . L’artista è profondamente affascinato dalla figura femminile, rappresentata quasi sempre attraverso contenitori, brocche, zucche, simbolo evidente della maternità (in esposizione Dona sole, Dona dai bei seni, Giovane ragazza che sogna l’evasione, Maternità), ma anche di sentimenti universali, come il dolore. Donna nella piazza di un cimitero, testimonia che Mirò anche nelle sue evasioni mai perse di vista il mondo e la storia dell’uomo.
Anche la ceramica ripropone nelle sue decorazioni il vocabolario delle Costellazioni. Queste opere ancora una volta tendono a fondere il pittorico e lo scultoreo. Sulle superfici di vasi e piatti realizzati al tornio, prende vita un universo di sogni e mondi immaginari, oltre poi alle nuove
Al secondo piano sono esposte pittura ed incisioni.
Le incisioni fanno parte del ciclo Galerìa de Antirretratos. Sono opere di grande formato, esposte per la prima volta in Italia. L’artista dà prova di una straordinaria padronanza di diverse tecniche: acquaforte, acquatinta, graffito e carbondùm, del quale esplora tutte le possibilità, manovrando con le sue porosità e puntando ad una tavolozza di grande luminosità e vivacità.
Le pitture sono degli anni ’60 e ’70. La gamma dei colori è ristretta a quelli primari accostati tra loro, si consolida l’uso del bianco e del nero come colori chiave della tavolozza di Mirò.
Come nella tradizione del disegno, il pittore ricorre al bianco come fondo e al nero come strumento di scrittura che organizza la composizione e determina la distribuzione degli altri colori. E’ ciò che accade ad esempio in Personaggio davanti al sole, esposto in mostra. Non viene tuttavia meno la capacità di evocare le energie di un universo multiforme e popolato di figure archetipe, che nell’interpretazione dei suoi segni non è mai univoco. Un titolo per tutti: La gioia di una bambina davanti al sole/Volo di uccelli alla prima scintilla dell’alba.
Conclude l’esposizione, al terzo piano , la proiezione di un filmato sulla vita e l’arte del maestro.
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