Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
La personale di Gilberto Zorio (Andorno Micca, 1944) trasforma lo spazio napoletano della Galleria di Lia Rumma in un prezioso scrigno cosmico. Una galassia articolata come un sistema di segni ordinato e armonico, orbitante attorno a un comune centro di massa: una ricerca che coniuga e palesa i punti di contatto tra arte e scienza, tra naturale e artificiale, tra pensiero e azione. Con rigore scientifico, Zorio osserva, decifra e dispone i dati in un organismo dinamico, coerente ed efficace che racconta il contingente riflettendo sugli equilibri alchemici che lo governano. Il percorso è un tracciato dell’umanità, dei suoi limiti e dei sui valori.
Per purificare le parole (1979) indica la strada da percorrere per inserirsi nel processo dialogico attivato dall’artista dove è necessario depurare il pensiero dalle sovrastrutture mentali per cogliere la vera essenza delle cose. Da qui, il potere catartico dell’arte si riversa nella Scala aggettante (2015) successiva, una scala telescopica, contorta e sporgente al centro del salone, è il braccio di una “lunga mano” metallica che sostiene e offre la misura del tempo: una reazione chimica, la manifestazione naturale della trasformazione, l’alterazione della fragile stabilità dell’universo e dei rapporti umani.
Il brindisi del marrano (2015) celebra, infatti, la resistenza di quei popoli che, con immensa fatica, lottano contro le oppressioni, come il popolo ebraico, a cui è dedicato il lavoro, che in Spagna veniva etichettato come “los marranos” (i porci). L’installazione simula l’impegno e lo slancio del sollevarsi delle coscienze ma anche la forza della fiducia nel tempo che tutto modifica. A un certo punto «la sala si oscura, il fosforo si illumina e diventa portatore di memoria, di speranza…torna la luce bianca. Il marrano è spossato, si affloscia lento e attende il prossimo respiro…altra speranza.», scrive l’autore.
Subito si viene attratti magneticamente da una delle due stelle in mostra, un’immagine del cosmo sempre presente nella produzione dell’artista perché simbolo ancestrale di valenza eterogenea, politica, sociale, religiosa e astrologica. Posizionata sul fondo, appare come il vessillo della conoscenza che custodisce una pergamena, il supporto del sapere, la principale materia scrittoria per i codici religiosi, per i documenti antichi e per i manoscritti miniati, i prodromi della tradizione pittorica e dell’arte visiva. A un tratto, un nuovo blackout ci permette di scorgere una scia fluorescente che parte dalla stella e procede nell’infinito e oltre, una sospensione che allerta i sensi e guida il visitatore verso il tepore della stanza vicina, in direzione di Pelli con resistenza (1968). Si tratta di un’installazione sinestetica che rinvia alla forza, al lavoro ma anche al calore umano, quello necessario per proteggersi e in cui trovare l’animo per far fronte comune e ribaltare un sistema viziato. L’emisfero femminile è fonte primaria di quest’energia, la vitalità necessaria al cambiamento, qui rappresentato dai giavellotti di Compasso (1980), dove le due lance e il mestolo da fusione rimandano alla nascita della vita.
L’energia è dunque la costante che attraversa l’intera opera di Zorio, visibile anche nella ciotola di eternit piena di zolfo e limatura di ferro, un lavoro (Senza titolo, 1968) simbolo della continua sfida alla stabilità ed elogio di una energetica tensione, la stessa che l’artista imprime ne L’abbraccio della grippa americana (1993), nella camera adiacente.
Infine, uno degli innumerevoli viaggi possibili tra le costellazioni della conoscenza realizzate da Zorio si conclude con Stella di compassi (2015) dove il compasso è il simbolo della smania di controllo e di misurazione che caratterizza il nostro tempo, la razionalità che gestisce emozioni e comportamenti. Ma dalla stella sporge un’appendice che tiene sospesa un’ampolla contenente zolfo e alcool: una mistura che ha il potere di “purificare le parole” e riprendere il lavoro dell’arte che svela e si rivela nel suo farsi.
Così si spegne nuovamente la luce e si attiva lo zolfo: si spegne la razionalità e si riaccendono i sogni.
Ilaria Tamburro
mostra visitata il 20 novembre 2015
Dal 20 settembre 2015 al 16 gennaio 2016
Gilberto Zorio
Galleria Lia Rumma
Via Vannella Gaetani, 12 – 80121, Napoli
Orari: da martedì a sabato, 11 – 14 / 15 – 19
Info: 081 19812354 – info@liarumma.it