Il Mediterraneo così non lo avevamo mai visto. Gli occhi di Pedro Cano (Blanca, 1944) ce lo restituiscono attraverso una visione intima, raffinata, impalpabile, quasi soffiata più che sussurrata. Lo sguardo si posa sulle opere e, inconsapevolmente, si prova a fissarle nella mente, perché la sensazione immediata è che stiano per svanire. Gli acquerelli potrebbero dissolversi da un momento all’altro, come orme sul bagnasciuga. Tutto è acqua o mare, a partire dalla natura stessa dell’opera. Il Museo Archeologico, tempio della memoria greco-romana, è il perfetto contesto della mostra, il cui titolo originale è Nove Mediterranei, perché tanti sono i luoghi che l’acquarellista spagnolo ci racconta.
‹‹Sono nato a Blanca, la mia famiglia vendeva il pesce e, da piccolo, anche io. Volevo fare un omaggio al mare, al Mediterraneo. Quelli dipinti, sono i luoghi che per me ne rappresentano, più degli altri, l’essenza››. L’artista mira a rendere l’anima, lontano da stereotipi, cliché, paesaggi da cartolina. ‹‹Quello che mi interessa è lo spirito, la vita e nella mostra c’è una relazione molto forte con la realtà . Il racconto è alla base del mio lavoro ma io ho cercato di raffigurare storie che non fossero ovvie, scontate›› spiega l’artista.
Tre sono le sculture greche che identificano la Sicilia, Napoli, invece, è rappresentata dalla Smorfia ‹‹ho fatto una ricerca e nessun artista ha mai realizzato un lavoro sulla Smorfia, che con i suoi 90 numeri abbinati a figure, è uno dei tesori della città partenopea››.
Maiorca, invece, è la più silenziosa di tutte e filtra attraverso le gelosie del chiostro della Certosa di Valldemossa, senza che vi sia alcun vago accenno alle sue spiagge assolate.  Sale, tonni e polpi che si asciugano al vento rappresentano Cartagena, a parlare di Alessandria sono, invece, i ritratti di Alessandro Magno, vecchi alfabeti, antiche incisioni e ipotesi ricostruttive del Faro. Santa Sofia, pallida, quasi spettrale, domina la città di Istanbul. Colorate ghirlande di fiori e frutta diventano l’emblema di Patmos, mentre Diocleziano e il suo Palazzo identificano Spalato. La veduta di Venezia, forse, è la più insolita di tutte, perché è raccontata dalle paline, i pali che emergono dalla laguna, ‹‹pali vigili, sempre attenti, solitari››.
Dietro la delicatezza di questi acquerelli, la solida formazione accademica dell’artista emerge attraverso una serie di richiami e citazioni. Nella Smorfia, per esempio, sono riconoscibili i tratti di Velasquez, con Il Bevitore, di Leonardo da Vinci, di Piero della Francesca.
La resa dell’architettura del Palazzo di Spalato di Diocleziano, così nitida, pulita ed essenziale, si carica di suggestioni, richiamando le architetture di Maso di Banco, nella Cappella di San Silvestro in Santa Croce a Firenze, e quelle metafisiche di Giorgio de Chirico. Nulla sembra più lontano dal classico Mediterraneo ‹‹fatto di lava e sale››, che ci appare, ora, come luogo di silenzio.
Pedro Cano è un artista improntato all’arte figurativa, eppure, le sue opere d’acqua sembrano sempre sul punto di sconfinare nell’astrattismo anche se, dietro, c’è un racconto, una storia. Come se i confini della forma emersa stessero lì per cedere e le figure fossero pronte a sciogliersi, in un’unica amalgama di toni trasparenti.
La rappresentazione del riconoscibile sembra, in queste opere, piĂą che una certezza, una continua conquista.
Arianna Piccolo
mostra visitata il 30 gennaio 2015
Dal 16 gennaio 2015 al 16 febbraio 2015
Pedro Cano – Mediterranei
A cura di Simonetta Capecchi
Museo Archeologico di Napoli
Piazza Museo 19 – 80135 – Napoli
Orario: ore 9-19.30, chiuso il martedì
Ingresso: Compreso nel costo del biglietto di ingresso al Museo