Quando non c’è più tempo e tutto si sta per spegnere, l’obiettivo è prendere l’essenziale per sopravvivere. Ma questa possibilità non è contemplata nel futuro di Simone Giovagnorio (Roma, 1975), giovane artista dal curriculum ancora da infoltire. Nelle otto stampe lambda di grande formato la cornice metallizzata e gli alti bordi neri corrono in orizzontale, richiamando i frame di una pellicola cinematografica. In questo secondo appuntamento per la galleria PrimoPiano HomePhotoGallery, l’attenzione è rivolta nuovamente alla fotografia, dunque, in una chiave fortemente sperimentale.
Sperimentazione che si concretizza nel Time-lapse del titolo scelto dall’artista per la mostra, temine che assume qui una doppia valenza. Time-lapse è infatti la tecnica cinematografica -qui l’uso è allargato alla fotografia- in cui ogni frame viene bloccato e riavviato lentamente. Una volta che lo si è fatto scorrere, l’effetto finale è quello di una successione di spezzoni in cui il tempo sembra andare più velocemente, dando però la sensazione di un movimento non accelerato. E time-lapse diventa in seconda battuta la sovrapposizione di numerosi scatti colti globalmente tra New York, Venezia, Praga, Parigi, Londra e Toronto. Queste città divengono, nel lavoro di Giovagnorio, avulse da qualsiasi identificazione, e con loro l’artista gioca essenzialmente immettendo un neon dall’effetto fluorescente molto accentuato, che taglia radicalmente le pareti degli interni fotografati. Come nell’accattivante immagine Senza titolo, ambientata in un ignoto corridoio di aeroporto arricchito da un’intensa luce verde proveniente da chissà dove. L’artista sceglie anche di sfumare i contorni degli edifici, come i bordi sfaldati di un gasometro, oppure i bianchi soffusi della neve di Praga, caduta sulle gradinate del newyorkese Central Park.
Sono immagini interessanti, dall’effetto finale contemporaneamente glaciale ed inquietante, per i toni freddi che passano dal nero al bianco soffermandosi nei grigi di luoghi spersonalizzati in cui non c’è più traccia umana. Le scale mobili affollate di una metropolitana appaiono, nell’immaginario futuristico di Giovagnorio, assolutamente colme del vuoto lasciato dalla presenza umana.
E se nelle foto l’immagine viene cristallizzata, è nel video Lapse-Time che questo viaggio prosegue. Come se si entrasse e uscisse mentalmente dai luoghi rimanendo fermi. Uno speciale trip in cui l’idea fugace, assimilabile ad un sovrappensiero, diventa una previsione del futuro. Un futuro in cui “l’uomo tende ad estinguersi”, mentre l’elemento sostitutivo dell’umana presenza altro non è che la tecnologia. Divenuta protagonista di uno spazio globale riempito da un’atmosfera siderale.
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