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«Dino fotografami nudo, mi hanno considerato scandaloso, questa volta sì che farò un’opera scandalosa», e poi, «Oggi mi si considera uno che vuol dare solo scandalo, ma io lotto sempre per la verità». «Ora basta, non ne posso più! Non ho più la forza di lottare, voglio mettere a nudo tutto di me; così mi hanno giudicato e così voglio essere. Fino in fondo!». Con queste parole Pier Paolo Pasolini chiede al giovane Dino Pedriali (Roma, 1950) di fotografarlo nudo.
La mostra a Palazzo Fruscione raccoglie settantotto scatti realizzati nell’ottobre del 1975 tra le due abitazioni del poeta, a Chia e a Sabaudia, nel viterbese, tra il 28 e il 29 ottobre, tre giorni prima della sua prematura scomparsa. Per questa occasione, allestiti in relazione alla particolare architettura di Palazzo Fruscione, vengono presentate altre undici foto scattate successivamente, nel 1999, sempre negli stessi luoghi, per mettere a confronto e descrivere l’assenza e il silenzio del poeta.
Un Pasolini intimo e segreto riproposto dopo decenni di censure e di isolamento che hanno, di fatto, impedito una lettura attenta del personaggio. È il Pasolini che stava lavorando a Petrolio, quello degli ultimi giorni tormentati, che provocatoriamente si fa ritrarre da Pedriali nudo, con tutto il corpo, per esserci ancora. Il giovane fotografo comprende il disagio del vivere del poeta e lo fissa in particolari e struggenti immagini. Per l’occasione, dirà Pasolini: «quello che non si capisce con la parola si capirà con la fotografia».
La mostra nasce da un libro scritto da Pedriali nel 2009, che raccoglieva molti scatti precedenti e nuove foto fatte nel 1999, in un nostalgico ritorno in quegli stessi posti del ’75, a rivedere e rivivere ciò che era rimasto di Pasolini. Pedriali ha stabilito, per questa mostra, un particolare modo di raggruppare gli scatti, disposti su determinate linee e traiettorie orizzontali e verticali, nelle quali vengono associati momenti del passato e immagini impetuose del presente. A questa narrazione plurima subentrano singole foto, isolate nei grandi spazi di Palazzo Fruscione. In diversi scatti, tutti rigorosamente in bianco e nero, si vede Pasolini circondato dal silenzio e dalla solitudine, spiato nei momenti più veri e intimi della sua vita quotidiana, ripreso alla scrivania con la sua Olivetti, che disegna nella casa di Chia, che legge e persino si denuda per mostrarsi all’occhio indiscreto e rapace del giovane fotografo.
La poetica di Pedriali nasce dalla carne e racconta di momenti provvisori, tra accadimenti lenti e scatti immediati. Un procedere curioso, carico di continui slittamenti alla ricerca del poeta e della poesia. Di certo, un ultimo ritratto intimo, prima che tutto si trasformi in cenere. Un viaggio davvero malinconico e, per certi versi, sofferto, che mette a nudo e si fa pensiero, verità, desolazione e anche dannazione. Girando per le sale di Palazzo Fruscione si avverte questo senso di vuoto, un sofferto e intimo smarrimento che attanaglia concretamente il visitatore. Una mostra-testamento, tra presenza e assenza, tra corpo e memoria, in cui la ferita e il vuoto lasciato da Pasolini non sono ancora rimarginati e sanguinano ancora. Perché Pasolini non è solo poesia ma anche vento, vento che ti sfiora la pelle, ti accarezza e che potrebbe fare ancora male.
Sandro Bongiani
mostra visitata il 26 febbraio 2016
Dal 26 febbraio al 16 marzo 2016
Dino Pedriali, Pier Paolo Pasolini. Nostos: Il ritorno 1975-1999
Palazzo Fruscione
Vicolo Adelberga 19, Salerno
Orari: dalle ore 11 alle ore 20
Info: 3397263428