Certamente non sono all’oscuro della complessità del vero
Mat Collishaw e Cathy Wilkes. Che dan vita a un ipnotico duetto di suggestioni,
unificato dalla cerniera della duplicità e scivolosità emotiva. Episodio singolare
nell’itinerario della Galleria Raucci/Santamaria, spesso palcoscenico di
ricerche in cui la componente cerebrale – pur senza divenire sterile
asciuttezza formale – è iper-presente. Ora invece la chiave di fruizione è
l’abbandono a impalpabili atmosfere psicologiche, a inspiegabilmente seducenti
turbamenti e fascinazioni.
Cathy Wilkes (Belfast, 1966; vive a Glasgow) avvolge di ovattato
persino la più strisciante inquietudine. Le angosce di un sentire costretto a
confrontarsi con un mondo a misura maschile, le ambivalenti emozioni materne,
gli smarrimenti esistenziali di un’ipersensibile consapevolezza avviluppano da
sempre, come insistente vapore sottile e viscoso, le sue opere, connotandole
dello stesso disagio intimamente femminile e ambientalmente invasivo di Louise
Nevelson.
Ma nei tre Untitled in mostra l’ansietà, pur presente nelle straniate
soluzioni formali, evapora sotto un calore nuovo: un onirico senso di dolcezza
e protezione, che avvolge di morbidezza cromatica i due informali dipinti a olio,
e di felpata tattilità la scultura in argilla.
L’inverso itinerario emotivo attende con Mat Collishaw (Nottingham, 1966; vive a
Londra). Le sue immagini sono di una bellezza stupefacente, ipnotica, senza
appello. Come il conterraneo Darren Almond, Collishaw non ha paura della potenza deflagrante
sprigionata dal bello, dal sublime, dalla metafisica e dalla natura. Il rischio
del decorativo non è neanche dietro l’angolo, perché il legante di ogni
molecola delle sue opere è un implacabile rigore tecnico e progettuale.
Nonostante l’eterea leggerezza finale, le sue creazioni sono sofisticati
congegni di postmoderna consapevolezza tecnologica. L’apparente disinvoltura
naturale delle sue visioni, proprio come in Almond, è originata da coscienza
contemporanea, e da essa è giustificata.
Quasi donatelleschi rilievi schiacciati, i pannelli in
corian imitano il marmo e dialogano con la luce. Ma, contrariamente ai
bassorilievi di un tempo, è la retroilluminazione elettrica e pulsante a
scolpire, come ologrammi, le forme del mito e della religione: il morente
albero di Robin Hood, violentato alla vita da istanze turistiche; le grotte
svuotate delle effigi di Buddha, distrutte dagli iconoclasti; la berniniana Estasi di Santa Teresa, ambiguamente erotica ma anche
angosciosa, per la sua luce-scanner quasi medicale. Dietro lo splendore si
insinuano mefitici il dramma e la morte, paradossalmente incantatori.
A tradimento ci si specchia nel memento mori, quasi come in Spirits di Rebecca Horn, anche in Island of the dead, reinterpretazione digitale da Böcklin. E traumatica è la conclusione,
con un taglio di sega, della storia raccontata dai tronchi in resina di Total
Recall,
installazione scultorea e sonora. La bellezza non spaventa più, ma solo se si è
forti abbastanza da sopportarne la crudeltà.
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Wilkes
finalista del Turner Prize 2008
Cathy Wilkes al Madre
nel 2007
Cathy
Wilkes da Raucci/Santamaria nel 2005
Mat
Collishaw a Santo Spirito in Sassia
Personale
a Roma di Mat Collishaw
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Collishaw su Exibart.tv
diana
gianquitto
mostra visitata il 14 maggio 2010
dal 14 maggio al 16 luglio 2010
Mat Collishaw – Superveilance
Cathy Wilkes
Galleria Raucci/Santamaria
Corso Amedeo
di Savoia, 190 (zona San Carlo Arena) – 80136 Napoli
Orario: da
martedì a venerdì ore 11-13.30 e 15-18.30
Ingresso
libero
Info: tel. +39
0817443645; fax +39 0817442407; info@raucciesantamaria.com; www.raucciesantamaria.com
[exibart]
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