Tecnica fotografica con accordi sentimentali. È la cifra che delinea gli Infiniti momenti colti da Fabio Donato (Napoli, 1947) seguendo la giusta commistione tra studiata costruzione dell’immagine e gusto personale nella scelta dei soggetti, fotografati in quarant’anni d’attività. Una selezione di circa 60 scatti dell’autore napoletano è ospitata nelle sale dedicate al contemporaneo del museo di Capodimonte, dopo le recenti presenze di David Lachapelle e Timothy Greenfield-Sanders.
Per un fotografo che ha documentato le “faccende” artistiche e teatrali della Napoli degli anni Settanta e Ottanta, dal Living theatre -con l’azione Paradise now– agli artisti ospiti del gallerista Lucio Amelio (nomi come Joseph Beuys e Andy Warhol), all’avanguardia di Mario Martone e Toni Servillo, l’obiettivo da puntare è adesso introspettivo.
Andando alle radici del viaggio di formazione del guaglione prodigo, il primo passo visibile è quello compiuto dai tanti piedi, grandi e piccoli, nudi su una banchina di tavole di legno in India 1970. Accantonato il tono del reportage, Donato lascia correre questa sequenza in bianco e nero lungo la parte inferiore della parete, interessato ad un altro modo di osservare l’Oriente, con un taglio decisamente antropologico. Stessa inclinazione presente in Frammento ’72, un rito di iniziazione in dieci fotografie (rosa per l’alterazione del tempo), dove l’ombra del giovane fotografo vince combattendo contro un’altra anonima, misurandosi così con il proprio io divenuto ormai adulto, e oltrepassando la prima di quelle “soglie vitali” che caratt
Gli spazi interni ed esterni infatti fanno parte di un ciclo iniziato negli anni Settanta e ancora aperto. Sono varchi visibili sottoforma di aree abitative, vie di un qualsiasi centro urbano. Come La città, no. 5 del 1973: tre piani fotografici dalla doppia struttura in orizzontale (a striscia di strada con la schiera dei grandi palazzi) e in verticale (la bandiera rossa che irrompe nell’obbiettivo della macchina fotografica, coprendo interamente la vista del palazzo). Oppure interni di appartamenti nei recenti Double del 2005-06, spazi mentali dove l’apertura verso l’ignoto e il rivoluzionario ha mestamente i connotati di altri simboli: una televisione, un computer. Altre tracce di memoria, vissute però come “spunti per pensare al futuro”, secondo Donato, sono le gambe femminili di Napoli 1993 o l’uccello in volo di Vatolla 2001, che sanno un po’ di déjà-vu.
Una sezione a parte è dedicata al mare, dove la fusione tra l’uomo e la natura è totale nell’Omaggio a Anselm Adams, considerato un maestro insieme a Ugo Mulas. La musica in sottofondo al peschereccio che attraversa l’orizzonte lasciando la scia, è un segno d’amicizia per il napoletano Luciano Cilio (prematuramente scomparso nell’84) e i suoi Dialoghi del presente, il disco a cui quella barca fa da copertina.
irene tedesco
mostra visitata il 18 maggio 2007
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