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Una mano invisibile che schiaccia prepotentemente dall’alto: questa l’immagine più adoperata del potere. L’entità senza volto che spinge a essere produttivi e a esserlo subito, immediatamente, nel nostro tempo, in poche ore. Presto. Un’entità che vuole essere invisibile, trasformista, che muta non soltanto in base al mito delle leggi di mercato; il potere guizza via, si nasconde in un anonimato che lo identifica, lo fa sentire a casa. Una mano invisibile. L’immagine più ovvia del potere.
Ma quando questa mano, che ha funzionato come mito e come tale ha alimentato un timore, è una mano che scrive, il panorama di possibilità espressive e teoriche che si crea è decisamente più ampio e il punto di vista si fa più acuto, più irriverente. Tutto è più realistico.
La mano c’è e scrive. Questa è la sua scrittura. Possiamo vederla. Una grafia che avrà dei significati e che Antonio Della Guardia (1990), giovane artista nato a Salerno, espone nella sua prima mostra personale presso la Galleria Tiziana Di Caro a Napoli. È forte, interessante l’astuzia nuova dell’artista. Della Guardia intuisce che il potere non ha più necessità di nascondersi, che la sua natura sta cambiando e, essendosi evoluto, come un animale adesso è capace di sopravvivere nella tangibilità. Non è più una linea che discende ma è figura piana, dentro le nostre cose. Un potere perfettamente integrato. Dunque non sono più un mistero le forze che dominano e indirizzano le nostre vite, è possibile riconoscerle, guardarle parlare e convertire il nostro tempo in forza lavoro. Ogni cosa è sotto i nostri occhi.
E cosa c’è di più tattile e efficace dell’atto di scrivere? Antonio Della Guardia, che negli ultimi anni si è concentrato sull’incidenza che molti schemi lavorativi hanno sulle vite dei singoli e delle collettività, mostrando di avere un polo attrattivo nei temi delle sue opere per nulla scontato, si affida questa volta alla grafologia, tecnica sempre più utilizzata dalle aziende ai fini della selezione del personale. Dunque una scrittura intesa in senso etimologico, un intaglio, una scrittura non narrativa che sveli, nell’estetica di un andamento personalissimo sul foglio, i limiti e le possibilità di un individuo.
Antonio Della Guardia, La luce dell’inchiostro ottenebra, 2018, exhibition view, photo: Danilo Donzelli
Atto di nascita dell’esposizione è senza dubbio la scritta al neon composta da 26 grafemi, provenienti da altrettante firme di personaggi politici e dai quali, secondo le leggi della grafologia, emergono gli aspetti sinistri e temibili del potere. La sensazione di aver colto di sorpresa un potente, di averlo visto senza maschera e privo di difese, è molto forte e appagante. Contribuiscono a questo senso di benessere le altre opere della mostra, divisa in quattro parti, in cui si alternano disegno, video e fotografia.
Ispirata all’opera di Raoul Vaneigem, “Trattato di saper vivere ad uso delle giovani generazioni”, la mostra modifica la frase del giornalista belga “la luce del potere ottenebra”, affidando quella centralità significativa proprio alla scrittura. L’inchiostro ottenebra, trasforma, rovescia le cose, rendendo visibile ciò che non lo era. La conclusione dell’esposizione, però, concepita come un percorso in cui le opere siano accordate tra loro con fluidità, sembra ricondurre a una fredda realtà: c’è un ritorno al problema, alla cima di quel monte di insofferenze e frustrazioni che il lavoro, tutto, genera.
La poltrona, simbolo chiaro di potere, diventa un’installazione irriverente, mutandosi alla fine in sedia a dondolo. Si può allora recuperare un tempo diverso? Sembra di sì, eppure il dondolo suggerisce una regressione, un ritorno alle origini che non è la bella infanzia ma l’inizio di sé. Sembra, dunque, che l’artista ci porti sul limite di una scelta di vita: è necessario un passo indietro umano per riprendere a vivere?
A ogni modo ci si sente rivoluzionari, a contatto con queste opere ci si sente invincibili bolscevichi. Sanculotti. Vandali. Tutte le orde eversive che il nostro immaginario restituisce alla barbarie e allo scontro col potere, eccole raggiungerci come compagni di viaggio. Naturalmente, resta soltanto una sensazione, un beneficio ordinario, borghese, che riusciamo a concederci nel chiuso della galleria. Eppure una pretesa volontà di rottura, che quasi per tutti resta soltanto giovanile, ritorna per un momento, si mette al centro della sala ricordando che ci sono modi diversi, modelli diversi di un’esistenza non decorosa, non semplice, non urbana.
Elvira Buonocore
Mostra visitata il 19 settembre
Dal 14 settembre al 17 novembre 2018
Antonio Della Guardia, La luce dell’inchiostro ottenebra
Galleria Tiziana Di Caro
Piazzetta Nilo, 7 – 80134, Napoli
Orari: da martedì a sabato, dalle 15:00 alle 20:00 o su appuntamento
Info: info@tizianadicaro.it