“Il mio lavoro si basa sulla ricerca del mondo che non appare, sulla visione poetica della realtà che si può percepire con i sensi: il mezzo digitale è lo strumento che può renderla evidente”. È con queste parole che Mauro Rescigno, giovane artista alla sua prima personale napoletana, racconta la sua scelta di campo nei confronti della realtà virtuale. Napoletano, classe 1975, si diploma in pittura all’Accademia, ma presto si dedica anche ad altre forme d’arte fino ad abbracciare, a partire dal 2003, il mezzo digitale come forma espressiva privilegiata, realizzando fotomontaggi e videoinstallazioni.
La mostra, intitolata Internal route, ci propone un viaggio attraverso freddi paesaggi virtuali, vagamente metallici, specchianti, metafora del mondo contemporaneo, che agli occhi dell’artista appare “sterile, ma anche disordinato”. Nove fotomontaggi e una videoinstallazione che provocano un senso di spaesamento, di straniamento, di sorpresa nello spettatore. Immagini fotografiche che rappresentano ambientazioni fredde, levigate, dichiaratamente irreali, corridoi claustrofobici popolati da figure umane, animali e oggetti di vita quotidiana. Rappresentano una sorta di “archeologia del presente”, protagonisti naturali immersi nel paesaggio virtuale, in un corto circuito che simboleggia la “metafora di una solitudine esistenziale che è senza tempo”, come dice lo stesso autore.
E l’anziano protagonista di alcune immagini è proprio lui, invecchiato di cinquant’anni, perché, dice, “io stesso mi considero parte integrante del mondo che rappresento”.
Nel video, intitolato Internal illusion, ritroviamo alcuni degli oggetti smarriti attraverso i corridoi: una valigia, una scarpa, un bastone. E al centro un uomo, ancora anziano, che si muove lentamente su un materasso, apparentemente addormentato, a piccoli scatti. Rescigno, napoletano atipico, svolge così una riflessione sul senso dell’esistenza nel mondo contemporaneo, non ricorrendo ai soliti, stereotipati riferimenti, ma attingendo ad un repertorio estremamente moderno e disponibile, alla stessa maniera dei metafisici primonovecenteschi. E la dicotomia realtà reale / virtuale da lui utilizzata riflette perfettamente un’epoca in cui i due mondi tendono sempre più a confondersi tra loro. Opere di denuncia, dunque, della condizione umana contemporanea, così priva di punti di riferimento, nate dalla volontà di offrire uno “strumento di riflessione” in una società che sembra, a volte, aver perso la capacità di riflettere su se stessa.
andrea nastri
mostra visitata il 22 marzo 2007
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