L’infinita creatività di
Alessandro Bergonzoni (Bologna, 1965) “
di nuovo nasce” o, meglio, “
neonasce” a Napoli dove, scambiando per la prima volta il palco e gli abiti di scena con tele, gessi e pennelli, il paroliere bolognese debutta nel mondo dell’arte, quella figurativa. Con una mostra, nuovo prisma di un caleidoscopico pensiero già recitato, scritto e interpretato. L’esposizione giunge dopo la collaborazione con
Mimmo Paladino -in
Quijote Bergonzoni è stato, guarda caso, il Mago Festone o della Parola- e le prime, timide esposizioni al museo di Aosta e Lodi e alla Certosa di Padula a Salerno, nella città scelta per “
l’energia e l’atmosfera che mi trasmette”.
Negli spazi della galleria Scognamiglio, Bergonzoni “
appende la maschera al muro”, dando colore ai personaggi e ai panorami visionari che affollano il suo teatro: sono opere anagrammatiche, che parlano la sua lingua perché sempre prendono spunto dal “
bisogno di andare a ricercare e poi mostrare quello che non si vede. La lontananza prima ancora dell’apparenza”. Dalle pagine di un quaderno, allora, prende vita il mondo “
bugiardo” dell’artista, popolato da figure favolistiche, luoghi e mostri della mente: sgusciano fuori da un’incubatrice e scivolano lungo le pareti come buffi mostri antropomorfi o surreali omini di vetro che si muovono su sfondi senza prospettiva, alla ricerca delle stelle.
Vivono in un allestimento mobile che, con il suo dinamismo, sembra mimare la velocità del pensiero, l’affollamento dei motivi ispiratori: le opere scorrono come torrenti di parole in un allestimento periodicamente mutevole e realizzano discorsi che si confondono, si perdono, si mutano in gorghi da cui sembra difficile uscire.
Tutto ciò che rimane è un
ri-tratto in cui l’immagine, ormai orfana di un’unità originaria, è diluita nel tutto che la circonda. In questi segni, tuttavia, non c’è il nichilismo del non-finito paladiniano, quel confronto letale tra artista e oggetto che comporta la dissoluzione di quest’ultimo in un frammento di cui nulla è dicibile. L’imperativo di Bergonzoni è sì “
seguire ciò che esiste fino al sorpasso espanso, fino alla mutil’azione, fino agli arti amputati singolarmente al femminile: l’arte”, ma tale pedinamento realizza un segno capace ancora di parlare e suggerire una nuova verità o, quantomeno, sbugiardare le finte realtà quotidiane.
Quella del neoartista bolognese è un’arte che non costituisce un’alternativa alla parola, piuttosto un percorso parallelo e compresente, la nuova pagina di uno stesso capitolo artistico. La ritroviamo come sfondo scenografico naturale in
Odonto, sfrontata e per nulla intimidita fra i metalli di un tubo e una griglia
Senza Titolo, a completare il senso della rappresentazione. Inseparabili, reciprocamente destinati sono dunque l’immagine e il linguaggio, profili diversi e speculari del corpo dell’arte, di cui solo una figura consumata di esperienza creativa poteva fungere da giunto cardanico. Per consentigli libertà di espressione e movimento in più direzioni. Contemporanea-mente.
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Mimmo, Mimmo, Mimmo anche tu ti sei svenduto per pochi "danari".
Quando il capo comanda i servi eseguono.
E' tutto così mediocre ed italico/partenopeo.
Che delusione.
E' tempo di discontinuità!!!!!!!!!!!!
Caro "Era proprio necessario ? " tu invece cosa proponi qualche graffito e due filmini per creare un evento a costo zero ?
la questione è sempre la stessa.
il problema non è il gallerista ma il sistema che stabilisce i canoni per i quali uno è artista.
Nella concezione contemporanea l'artista è colui che "è famoso" e non ha bisogno di esserlo in una determinata categoria...lo è e basta.
Persino a Sanremo se Valerio Mastrandrea (attore) decidesse di cantare, parteciperebbe tra i BIG (data la notorietà).
Scognamiglio tra i galleristi è un cavallo di razza e non un chiacchierone come tanti che lo circondano e gli fanno i conti in tasca sindacando sull'amico politico, l'amicizia col potente ecc.
Sfido qualunque gallerista anche il più pignolo( Minini, Lia Rumma ecc.)a rifiutare una mostra di " Vasco Rossi " se si mettesse a dipingere !
Di contro,l'unico dato che condivido è che i galleristi in generale hanno pochissimo coraggio e lanciano pochissimi giovani (spesso giovani solo per modo di dire !)
Ci sarà pure stato qualche sconosciuto giovane artista napoletano che si sarà proposto al buon Mimmo. Secondo me sarebbe stato più "eroico" dare fiducia ad una potenziale "aspettativa" del genere.Ovviamente non a costo zero perchè per un gallerista della "portata" di Mimmo "nobles oblige" ... la menata del Bergonzoni mi è sembrata, posso anche sbagliare, normale strategia per più o meno opportuni equilibri futuri così come recita ed impone il "SISTEMA".
E vabbè se "Il così fan tutte" giustifica e legalizza sempre più "l'Impero" veramente non c'è più alcuna speranza.
Ovviamente il buon Mimmo come Minini o piuttosto Lia Rumma sono dei grandi galleristi ma temo che non potranno mai "Essere" Leo Castelli. Lui insieme a Ileana vivevano l'utopia degli eroi tant'è che rimarranno nella storia dell'arte da qui all'eternità insieme ai giovani che ebbero il coraggio e l'ardire di promuovere e produrre.
Oggi tanti grandissimi "galleristi" sono, purtroppo, spinti solo dalla disutopia della moltitudine che purtroppo vive solo il tempo di una qualsiasi rivista mensile o di un festival della canzone italiana.
...come darti torto !?