Policromia tout court nella prima personale italiana di Jan Albers (Düsseldorf, 1971), che porta a Napoli cinque matite colorate su carta, frutto di una ricerca tanto originale da distinguersi tra le opere contemporanee con la stessa decisione di un guizzo scattante.
Colori e colori dominano lo spazio espositivo, stagliandosi ancora più nitidi sul beige terroso e neutro col quale l’artista ha fatto dipingere le pareti. Gli accostamenti sono degni delle più sofisticate ricerche estetiche: oro e beige in Haarmonie, arancio e verde smeraldo per A.D.WALD.EMMA, marrone e azzurro in Sander, rosso porpora e celeste in JjoyBubbleGlassSO. Tutte le opere si compongono di raggi colorati che partono da uno o più punti rigorosamente disposti all’interno di un’area ovoidale, simbolo della perfezione. Stavolta l’eclettismo di Albers cattura in un veloce turbine gli sgargianti colori degli anni Settanta, le tinte psichedeliche d
Hair sono i capelli tra i quali s’intravedono i volti di persone e personaggi, frutto, il più delle volte, dell’immaginario dell’artista; è solo dopo aver scostato queste filamentose chiome che l’osservatore prende atto degli occhi e delle bocche. È necessario, infatti, attendere un po’ perché ci si abitui alla pluricromia, e dopo averla metabolizzata, in modo quasi fisiologico, quelle che erano solo tinte e forme congiunte in chiave estetica diventano visi. Le figure, a primo acchitto indecifrabili, assurgono il compito di spartitraffico tra il più rigoroso astrattismo geometrico e il conceptual. Così la mostra cambia anch’essa d’aspetto e diviene ricerca introspettiva dell’ego, o meglio della libertà dell’ego. Già, perché le figure, completamente ingrigliate in nodi geometrici, hanno di libero i soli capelli, indomabili, sciolti al vento. Ne deriva un conflitto esistenziale tra il voler fare e l’essere condannati a non muoversi. I colori diventano il simbolo della libertà.
luigi rondinella
mostra visitata il 2 marzo 2007
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