Ogni essere umano è il risultato di un continuo, ininterrotto, processo di stratificazione. Durante la vita accumula immagini, storie e sensazioni: una serie di frammenti che vanno gradualmente a formare la sua individuale complessità. Ma anche la storia più complessa, la visione più articolata, non sono altro che il frutto della combinazione di tante nozioni elementari, quelle “unità minime di senso” raccontate da Bianco-Valente (Giovanna Bianco e Pino Valente) nella loro recente personale.
Scandagliando nel pozzo profondo della memoria, i due riportano a galla immagini e ricordi che provengono dall’infanzia come dal passato recente, e li ripropongono allo spettatore sotto forme diverse. Sul pavimento della
Alla logorroica abbondanza di parole della scultura-nastro si contrappongono le tracce minimali dei disegni, realizzati con il computer, ma carichi di manualità.
Sulla parete opposta un monitor rimanda, in un loop infinito, una pulsante lama di luce iridata. Un’opera ipnotica che sembra scandire il fluire della memoria e dei pensieri, quasi fosse la fonte generatrice delle altre “unità minime di senso” che popolano la galleria.
Il percorso si chiude con il video Deep Blue Ocean of Emptiness, proiettato e accompagnato da un suggestivo brano musicale composto per l’occasione dai Mou Lips. Il filmato, girato in una scuola abbandonata di Siracusa, è un allucinato viaggio tra i banchi di un’aula diroccata e vuota, una visione che assume sin da subito i contorni inquietanti dell’incubo. Le immagini, distorte e virate in un verde fluorescente e intenso, sembrano una diretta emanazione della mente, ma sono anche le tappe di un viaggio nell’infanzia stessa, che giace, lontana ma presente, in fondo ai ricordi di ciascuno.
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valentina tanni
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