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Che attrazione irresistibile, che fascinazione amorosa, quella per il libro: un oggetto infallibile. Pur in quanto raccoglitore di senso, il libro suggerisce nitidamente l’idea della scompaginazione, della rivolta, del caos. Esso è prima di tutto incompiuto, sempre. Un’idea che si impone nelle opere di Betty Danon (Istanbul, 1927-Milano, 2002), artista che ha fatto dell’atto dello scrivere o, meglio, del tratto che sopravvive alla scrittura, il centro della propria produzione. In mostra con “Enigma di fondo”, la sua seconda personale presso la Galleria Tiziana Di Caro, l’artista turca precisa una serie di concetti sui quali una certa riflessione filosofica si è largamente dilungata. C’è qualcosa di profondamente misterioso nella scrittura, a cui bisogna arrendersi. Se si accetta di non considerarla come lo svelamento di qualcosa che non c’era ma come l’atto contrario, come un’azione che porta il mistero, l’ombra, l’ambiguità, la scrittura diventa ben altro: un continuo sotterfugio.
Non a caso i libri d’artista esposti nelle stanze della galleria napoletana sembrano tratti da un altro mondo, il cui alfabeto si compone di più segni sovrapposti, incisioni sommate ad altre che vi si intrecciano stranamente. C’è qualcosa di alieno nelle pagine, qualcosa di preistorico nei disegni. Si tratta comunque di una parte minima della produzione di Betty Danon, una selezione che proviene dagli anni Settanta, acquisita rovistando tra i frammenti, quelli che appaiono davvero come stralci, come i resti di una frantumazione.
Enigma di fondo, 2018, exhibition view, photo: Danilo Donzelli
Seppur per l’ideazione di una mostra personale, deve essere davvero conturbante affondare la mano in una intera vita di riflessioni, agitamenti, di opere e rivelazioni, quelle che saranno apparse scioccanti e nitide all’artista quando allora avrà deciso di trascriverle. Perché di trascrizione si parla. Per Betty Danon l’arte sembra essere un appuntare continuo sullo stesso foglio. Scrivere e sovrascrivere fino a che la pagina diventi un cumulo nero di inchiostro. Oppure tracciare poche linee sottili, sperdute sul foglio quasi vuoto. Non è un caso che i suoi lavori chiamino in causa la musica, il suono. Il fruscio. Le sue Partiture astratte permettono un ascolto diverso, muto, quasi mistico. Le Poesie nel quadrato sottomettono il verso alla geometria, popolando la pagina dentro un limite preciso.
In ogni caso non si può non dire che la creatività, quando si abbraccia con temi corpulenti quali l’essere e il divenire, il tempo e lo spazio, rischia di ripiegarsi su sé stessa in un compulsivo gesto di ripristino: spiegare l’immagine con le parole e poi le parole con l’immagine. Un atteggiamento, questo, che stranisce il visitatore, rintronato, alla fine, come se avesse assistito a una partita di tennis tavolo. Ma quel piccolo gesto senza importanza, infilarsi i guanti per maneggiare qualcosa di prezioso, di delicato, non può non piacere. È così, dà importanza. E non può non affascinare la pagina ruvida, silenziosa, mite tra le mani e poi il fare qualcosa, partecipare con il tatto a quella funzione. Non può non attrarre il libro, un oggetto infallibile.
Elvira Buonocore
Mostra visitata il 27 novembre 2018
Dal 24 novembre 2018 al 19 gennaio 2019
Betty Danon, Enigma di fondo
Galleria Tiziana Di Caro
Piazzetta Nilo, 7 – 80134, Napoli
Orari: da martedì a sabato, dalle 15:00 alle 20:00 o su appuntamento
Info: info@tizianadicaro.it