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11
novembre 2009
fino al 2.XII.2009 Luca Francesconi Napoli, Umberto Di Marino
napoli
La vastità dei campi arati e i circoscritti spazi d’una galleria. La zappa e il pennello. Francesconi svela affinità tra categorie apparentemente lontane e rifonda la concezione di tempo. A cavallo delle fasi lunari...
Luca Francesconi (Mantova, 1979; vive a Parigi e Milano) ci ha abituati a
un’arte problematica, legata a doppio filo con la storia e le branche di
pensiero a essa tangenti, come l’alchimia, la filosofia, la metafisica, l’arte
popolare.
Di ritorno in città, l’artista dal cripticismo minimale
propone una ricerca sul tempo, condotta “sfogliando” calendari e almanacchi.
Sono proprio le prassi agricole a finire sotto l’occhio attento del mantovano,
perché “è tramite l’agricoltura che l’uomo ha avuto le prime necessità di
confrontarsi con il tempo, di ordinarlo e di iniziare a maneggiarlo, quindi
teorizzarlo”.
I principi della rotazione, le attività di semina e
raccolta sono infatti pratiche legate a cadenze determinate da una misurazione
arbitraria – nel senso di misurazione stabilita dall’uomo – del tempo, scandita
dal ciclico alternarsi delle stagioni, del giorno e della notte.
Non più tempo lineare-progressivo, cristianamente inteso,
dunque, ma luogo di una verità destinale e storica dell’essere, condizione
dell’esistenza intesa come progetto. Così, le sculture realizzate con argilla
di fiume, una tavola lignea che reca impresse tracce di colore, un arcolaio
bronzeo, interpretabili come metafore delle varie declinazioni del fare
artistico, diventano frutto di un proposito, progettualità concretizzatasi,
ancora una volta, a partire da una organizzazione del lavoro e raccontano
dell’uomo, questa volta artista, homo faber, artigiano, la cui arte è legata
a una manualità. La traccia di questo fare è il tempo dell’opera d’arte.
Tempo che si fa fisico e tangibile in Calendario delle
Semine, dove
sulla mensola che reca pochi, essenziali oggetti è lo spazio, che pausa il loro
disporsi, a misurare il tempo, così da essere non più mero contenitore, ma
partecipe del contenuto, arrivando a modificarlo, rinnovarlo, ridefinirlo. È
quanto accade prendendo in esame l’attività curatoriale; dice, infatti,
Francesconi: “Disporre oggetti sulla mensola è la medesima operazione che,
in proporzioni maggiori, un curatore fa in una mostra, ovvero adopera lo spazio
secondo ritmi e dimensioni”.
Questa sostanziale analogia tra i due concetti, da sempre
al centro di dibattiti filosofici, la si ritrova ritornando con i “piedi nella
terra”, nella misura in cui il campo arato costituisce il luogo dove si dispiega
il progetto creatore della natura, a cui l’uomo consacra la propria fatica, la
propria dedizione secondo precise e ben determinate cadenze che diventano
allora ritmo, ritualità: la natura si fa temp(i)o.
È alla fine del percorso espositivo che questa sacralità
antropomorfa fa la sua comparsa: una mastodontica zampa di gallina, un cuoio
serpentino, un carapace sono di fatto moderne icone di discendenza bizantina,
in cui s’adombra l’elemento energetico che partecipa al processo perenne della
vita, lo spirito divino che vi presiede.
un’arte problematica, legata a doppio filo con la storia e le branche di
pensiero a essa tangenti, come l’alchimia, la filosofia, la metafisica, l’arte
popolare.
Di ritorno in città, l’artista dal cripticismo minimale
propone una ricerca sul tempo, condotta “sfogliando” calendari e almanacchi.
Sono proprio le prassi agricole a finire sotto l’occhio attento del mantovano,
perché “è tramite l’agricoltura che l’uomo ha avuto le prime necessità di
confrontarsi con il tempo, di ordinarlo e di iniziare a maneggiarlo, quindi
teorizzarlo”.
I principi della rotazione, le attività di semina e
raccolta sono infatti pratiche legate a cadenze determinate da una misurazione
arbitraria – nel senso di misurazione stabilita dall’uomo – del tempo, scandita
dal ciclico alternarsi delle stagioni, del giorno e della notte.
Non più tempo lineare-progressivo, cristianamente inteso,
dunque, ma luogo di una verità destinale e storica dell’essere, condizione
dell’esistenza intesa come progetto. Così, le sculture realizzate con argilla
di fiume, una tavola lignea che reca impresse tracce di colore, un arcolaio
bronzeo, interpretabili come metafore delle varie declinazioni del fare
artistico, diventano frutto di un proposito, progettualità concretizzatasi,
ancora una volta, a partire da una organizzazione del lavoro e raccontano
dell’uomo, questa volta artista, homo faber, artigiano, la cui arte è legata
a una manualità. La traccia di questo fare è il tempo dell’opera d’arte.
Tempo che si fa fisico e tangibile in Calendario delle
Semine, dove
sulla mensola che reca pochi, essenziali oggetti è lo spazio, che pausa il loro
disporsi, a misurare il tempo, così da essere non più mero contenitore, ma
partecipe del contenuto, arrivando a modificarlo, rinnovarlo, ridefinirlo. È
quanto accade prendendo in esame l’attività curatoriale; dice, infatti,
Francesconi: “Disporre oggetti sulla mensola è la medesima operazione che,
in proporzioni maggiori, un curatore fa in una mostra, ovvero adopera lo spazio
secondo ritmi e dimensioni”.
Questa sostanziale analogia tra i due concetti, da sempre
al centro di dibattiti filosofici, la si ritrova ritornando con i “piedi nella
terra”, nella misura in cui il campo arato costituisce il luogo dove si dispiega
il progetto creatore della natura, a cui l’uomo consacra la propria fatica, la
propria dedizione secondo precise e ben determinate cadenze che diventano
allora ritmo, ritualità: la natura si fa temp(i)o.
È alla fine del percorso espositivo che questa sacralità
antropomorfa fa la sua comparsa: una mastodontica zampa di gallina, un cuoio
serpentino, un carapace sono di fatto moderne icone di discendenza bizantina,
in cui s’adombra l’elemento energetico che partecipa al processo perenne della
vita, lo spirito divino che vi presiede.
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dall’otto ottobre al 2 dicembre 2009
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Umberto Di Marino Arte Contemporanea
Via Alabardieri, 1 (zona Chiaia) – 80121 Napoli
Orario: da lunedì a venerdì 15-20; sabato ore 11-14 e 16-20
Ingresso libero
Info: tel + 39 0810609318; fax +39 0812142623; info@galleriaumbertodimarino.com;
www.galleriaumbertodimarino.com
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