20 febbraio 2018

Fino al 20.II.2018 Giorgio Cutini, La città di Jo Kutt PAN, Napoli

 

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Il profilo di una duna diafana si distende flessuosa. Un tempo di osservazione infinito attraversa lo spazio di sei fotografie per arrivare all’apparizione di una città sfocata: una fata morgana che è, insieme, nave nel deserto e approdo di pellegrini. È tutto questo “La Città di Jo Kut”, il polittico che dà il titolo alla mostra del fotografo Giorgio Cutini, a cura di Marina Guida. 
Italo Calvino e il suo capolavoro del 1972, Le città invisibili, sono l’ispirazione per un allestimento che, come un labirinto di scatole cinesi, invita al libero perdersi. 
Le 25 fotografie, scattate in analogico su pellicola Kodak Tri-x (400 asa) tra il 1972 e il 2014, sono suddivise in tre sezioni, con titoli scelti tra le undici categorie del testo calviniano: Città della memoria, Città sottili e Città del desiderio. Mancano, tra le altre, Le città e gli occhi, altro genere urbano favoleggiato da Marco Polo a Kublai Khan. Forse perché, come racconta la curatrice, la fotografia di Cutini non organizza mere immagini visive, ma «trasgredisce i postulati dell’accademismo per condurre a uno stato della mente, a un varco dell’altrove». Intento dichiarato nell’opera Non frenare, del 1998, tra le poche fotografie in cui l’evanescenza delle linee acquista l’improvvisa solidità utile alla definizione di un messaggio, al tempo stesso, prescrizione e preghiera, invito ad abbandonarsi al fluire della percezione, assecondando l’inerzia di un moto che, per quanto ondivago, è costante della vita stessa.
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Giorgio Cutini, La Città di Jo Kutt
Roma e Napoli si confondono sfumate: dal nero affiorano i marmi della città eterna e il tufo della città porosa. La cupola di San Pietro, i Fori Imperiali, Villa Medici, Napoli Sotterranea, l’Orto botanico, il Museo Madre, diventano luoghi assoluti e convergono nella individuazione di una città vagheggiata e utopica. Altro rimando allo strutturalismo di Calvino e alle sue ricerche di semiotica. 
La figura umana è ombra platonica proiettata sulla parete della caverna. Impalpabile, irriconoscibile, di passaggio, in Baronessa, o stanziale, in Omaggio a Burri, concentra l’idea di una presenza collettiva e plurigenerazionale. In Fotogramma recuperato si innesca il cortocircuito della conoscenza: il ginocchio del fotografo e la gamba di una passate si incontrano in un attimo infinitesimale. È il fragile erotismo della scoperta, in bilico tra assenza e desiderio. Così, nel susseguirsi delle fotografie, l’insegnamento che fu di Marco Polo al Gran Khan nelle pagine calviniane si deposita nella coscienza: «Cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio». 
Giovanna Bile
mostra visitata il 3 febbraio
Dal 3 febbraio al 20 febbraio 2018 
Giorgio Cutini, La Città di Jo Kutt 
PAN-Palazzo delle Arti di Napoli 
Via dei Mille, 60 – Napoli 
Orari: Tutti i giorni, 9.30-19.30, la domenica 9.30-14.30. Chiuso il martedì

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