Spesso provocano soggezione le opere di
Carl Andre (Quincy, Massachusetts, 1935) per quel vorrei-ma-non-posso camminarci sopra, in fondo è pur sempre un’opera d’arte! Ma lo sdoganamento totale al piacere sonoro delle orecchie, oltre che dei piedi, lo ha ricevuto chi ha potuto visitare e camminare sulla monumentale installazione
37th Piece of Work in alluminio, rame, acciaio, magnesio, piombo e zinco che riempiva il cortile di Palazzo Grassi a Venezia per la mostra
Where are we going nel 2006.
In questa personale napoletana, Andre ha preferito mantenersi sottotono, trattando la galleria alla stregua di uno spazio intimo, secondo una sua cifra personale. Lo aveva già fatto precedentemente a Glaurs e a Zuoz in Svizzera, luoghi che gli hanno ispirato altre dimensioni, a tratti, quasi domestiche. La mostra, concepita e realizzata materialmente
in situ, alla presenza costante dell’artista -che continuamente variava le collocazioni delle sue opere, per trovarne la più adatta in relazione all’aria, alla luce e allo spazio nel quale stava lavorando- alla fine articola lo spazio della galleria in una sequenza a tre.
Nella prima piccola area squadrata d’ingresso, tracciano il percorso tre piccole composizioni in rame, in aggregazioni di non più di 5×5 unità in rame, disposte le une a fianco alle altre con la sola legge di gravità e la planarità del pavimento a tenerle unite. Il modulo di base scelto da Andre, cioè la placca di metallo grezza, quella proveniente direttamente dalla lavorazione industriale, ripetuta in tutti i lavori di questa mostra, è quella di 10x10x1cm. La griglia è la stessa ma i materiali cambiano.
Nello stretto passaggio, con luce cangiante, che poi porta all’apertura dell’ampia sala della galleria, il materiale adoperato è il ferro: dal tono bruno che cattura la luce e la intrappola nelle sue maglie metalliche, in
13th Iron Sum. Da qui in poi la composizione diventa triangolare e lo spazio si avvolge in un vortice che coinvolge i quattro vertici della sala. Sommatorie triangolari di unità di rame, di lato progressivamente crescente,
6th Copper Sum,
7th Copper ,
8th Copper Sum,
11th Copper Sum, avviluppano lo spazio bianco e luminoso della galleria in una sorta di spirale che emana barlumi ramati sulle pareti.
Il metodo artistico di Carl Andre -insieme a
Donald Judd,
Dan Flavin,
Sol LeWitt e
Robert Morris, fondatore di quella che negli anni ‘60 verrà definita la Minimal Art- si discosta da quello dei suoi compagni di strada per questa quasi totale assenza di progetto che precede la realizzazione dell’opera, così permeante, al contrario, nell’esperienza dei colleghi. Per Andre, l’idea di progetto esiste, ed è unica e basilare: la lavorazione industriale dei materiali, la modularità, i
Metalplates, la gravità, il peso, lo spazio, l’atmosfera che vi interagisce e l’uomo.
Tutto il resto è libero: è composizione, sono numeri, sono note, sono assonanze, è fantasia. È, in sintesi, arte.
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Una botta di vita.