È un dato più che acclarato che i luoghi, a un certo punto, smettano di parlare, finendo scheletricamente in silenzio, cadendo in un mutismo cocciuto e indifferente, irriconoscente e senza ricordi, incapace di comunicare alcunché. Accade lo stesso per tutte le storie, per i legami che si slacciano poco a poco, di cui non resta molta memoria. È necessaria, allora, una certa capacità per afferrare il momento preciso in cui un paesaggio moribondo può ancora dire qualcosa, quell’istante finale quando è più saturo di esperienze e riconoscenza, pronto a dirci tutto. Qualcosa di molto simile è accaduto nelle opere fotografiche di Silvia Camporesi (Forlì, 1973), visibili in una mostra, a cura di Pietro Tatafiore, per la quale sono stati selezionati lavori tratti da vari progetti e accomunati da una condivisa sensazione di vaghezza e rarefazione, portate sotto il segno mobile dell’ “Itinerario”.
È probabilmente la natura ancora acerba di queste immagini – il modo genuino di fotografarle, quasi precocemente, cioè, prima che il tempo, in quei luoghi dismessi, si sia completamente fermato – a renderle attraenti. Silvia Camporesi agisce come una giornalista, sebbene nulla del reportage compaia nelle sue opere. Di fatto, intervista i luoghi su cui si sofferma, pone domande ai letti disfatti, alle pareti, a tutto ciò che di cadente e instabile si possa vedere, a tutto ciò che di fatiscente ci possa interessare, per quell’attrattiva subdola suscitata dalle cose che stanno per morire.
Le opere del progetto Atlas Italiae (2015) realizzano una topografia ambigua di un’Italia irriconoscibile, indubbiamente presa nei suoi punti più interni, dove l’aridità del suolo si lega ad un’architettura brulla, spaccata dalle intemperie e dal nostro sole, specialmente dal nostro sole. In esposizione anche opere meno recenti, come Stato nascente (2008) e i volti delle Ofelie (2004), immagini più costruite, in parte meno loquaci ma la cui intenzione poetica è individuabile e autentica. Si tratta, ugualmente, di figure in sospensione, colte nel momento più alto del galleggiamento, quando le parti stanno per gonfiarsi e la bellezza è al suo apice, prima di toccare inevitabilmente il fondo. È un ottimo tempo, quello di Silvia Camporesi. Un tempo che si prende tutto lo spazio che serve e che l’artista riempie con calma, cautela e una precisissima sensibilità dello sguardo.
Elvira Buonocore
Mostra visitata mercoledì 10 febbraio
Dal 5 febbraio al 20 marzo 2016
Silvia Camporesi, Itinerario
Galleria 1 Opera
Via San Biagio dei Librai, 201 – 80138, Napoli
Info: 0810487254 – info@1opera.it