Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
05
luglio 2010
fino al 20.VII.2010 Wonderland Casoria (na), Cam
napoli
Fra appartamenti lussuosi, fitti alle stelle e preti pedofili, i peccati del Vaticano non sfuggono a nessuno. Figuriamoci agli occhi indiscreti dell’arte. Il Cam continua a battere sul tasto della cronaca...
Dopo CAMorra, AfriCAM, Politik, Censured e Iranian Glances, il museo di Casoria persevera
nella sua indagine provocatoria e irriverente sul sociale, con la mostra Wonderland. Il paradiso degli orchi.
Antonio Manfredi, ardimentoso
direttore del museo più ignorato d’Italia, convinto che compito dell’arte sia
stimolare il pensiero anche dei non addetti ai lavori, punta il dito questa
volta contro
la volgarità del potere imperante, che sfrutta la debolezza del mondo. Le voci
sono varie e gli artisti, che s’esprimono coi linguaggi più diversi, provengono
da tutto il mondo, increduli spettatori di quei mostri che subdolamente
affiancano le nostre vite quotidiane.
Il bosniaco Boris Glamocanin con la sua fatina colorata,
finita a terra con le ali spiegate e la bacchetta stretta ancora nella mano,
conficca in un attimo negli occhi la crudeltà dei grandi verso l’infanzia:
negata coi suoi impieghi illegali in lavori asfissianti e clandestini,
violentata nei suoi abusi morali e civili, tradita da uomini comuni che si
muovono insospettabili nelle case e nelle chiese.
Bambini rapiti, venduti come
oggetti di piacere e di malato desiderio, violati nella leggerezza fragile
della loro innocenza, come i pezzi di gommapiuma impacchettati ed esposti dal
napoletano Gerardo Di Fiore su un freddo e sporco carrello di supermercato.
Ma c’è spazio anche per le donne,
costrette a vedere svilite le tante lotte per la parità e il riconoscimento
degli uguali diritti con gli uomini, con i floridi corpi schiavizzati e
violentati, oppure ingenuamente mercificati. Le donne Barbie, belle solo da guardare e neanche
per le proprie genuine peculiarità, giocattoli per il potere, bambolone da
riporre sui letti come decoro e simbolo di un perpetuarsi nel tempo dell’idea
di donna-oggetto, come suggerisce all’ingresso la
video-installazione-performance di Di Guida & Vargas.
Le immagini sono forti, crudeli,
provocatorie: un tentativo potente di riflessione, perché l’abuso non diventi
normalità. E soprattutto perché si prenda atto che, lungo le strade dell’orrore,
tutto il mondo è paese, dalle terre casertane della camorra ai sobborghi
inglesi, dagli abissi orgiastici dell’Est ai paradisi sessuali dei pedofili.
Perché il male deforma i corpi e le menti dei carnefici, delle vittime e di
tutti noi che restiamo inermi a guardare, come il video e le foto del greco Filippos
Tsitsopoulos
provano a immaginare.
In aggiunta all’esposizione, per
soli cinque giorni è stato possibile partecipare con un gesto simbolico
all’azione performativa collettiva intitolata Castra l’Orco. Così, contro la pratica ignota e
vergognosa perpetrata dai pedofili di accendere candele azzurre per festeggiare
il Love boy day, il
giorno dell’orgoglio pedofilo che rivendica nel mondo la libertà di amare i
bambini, sono stati invitati gli ospiti a evirare metaforicamente candele con un
coltellaccio sotto gli occhi fissi di una telecamera.
La performance, documentata in un
video, sarà poi inviata al Ministro delle pari opportunità per indurre ad
affrontare con severità l’argomento, ultimamente troppe volte ignorato e ogni
tanto spostato sulla via della depenalizzazione.
nella sua indagine provocatoria e irriverente sul sociale, con la mostra Wonderland. Il paradiso degli orchi.
Antonio Manfredi, ardimentoso
direttore del museo più ignorato d’Italia, convinto che compito dell’arte sia
stimolare il pensiero anche dei non addetti ai lavori, punta il dito questa
volta contro
la volgarità del potere imperante, che sfrutta la debolezza del mondo. Le voci
sono varie e gli artisti, che s’esprimono coi linguaggi più diversi, provengono
da tutto il mondo, increduli spettatori di quei mostri che subdolamente
affiancano le nostre vite quotidiane.
Il bosniaco Boris Glamocanin con la sua fatina colorata,
finita a terra con le ali spiegate e la bacchetta stretta ancora nella mano,
conficca in un attimo negli occhi la crudeltà dei grandi verso l’infanzia:
negata coi suoi impieghi illegali in lavori asfissianti e clandestini,
violentata nei suoi abusi morali e civili, tradita da uomini comuni che si
muovono insospettabili nelle case e nelle chiese.
Bambini rapiti, venduti come
oggetti di piacere e di malato desiderio, violati nella leggerezza fragile
della loro innocenza, come i pezzi di gommapiuma impacchettati ed esposti dal
napoletano Gerardo Di Fiore su un freddo e sporco carrello di supermercato.
Ma c’è spazio anche per le donne,
costrette a vedere svilite le tante lotte per la parità e il riconoscimento
degli uguali diritti con gli uomini, con i floridi corpi schiavizzati e
violentati, oppure ingenuamente mercificati. Le donne Barbie, belle solo da guardare e neanche
per le proprie genuine peculiarità, giocattoli per il potere, bambolone da
riporre sui letti come decoro e simbolo di un perpetuarsi nel tempo dell’idea
di donna-oggetto, come suggerisce all’ingresso la
video-installazione-performance di Di Guida & Vargas.
Le immagini sono forti, crudeli,
provocatorie: un tentativo potente di riflessione, perché l’abuso non diventi
normalità. E soprattutto perché si prenda atto che, lungo le strade dell’orrore,
tutto il mondo è paese, dalle terre casertane della camorra ai sobborghi
inglesi, dagli abissi orgiastici dell’Est ai paradisi sessuali dei pedofili.
Perché il male deforma i corpi e le menti dei carnefici, delle vittime e di
tutti noi che restiamo inermi a guardare, come il video e le foto del greco Filippos
Tsitsopoulos
provano a immaginare.
In aggiunta all’esposizione, per
soli cinque giorni è stato possibile partecipare con un gesto simbolico
all’azione performativa collettiva intitolata Castra l’Orco. Così, contro la pratica ignota e
vergognosa perpetrata dai pedofili di accendere candele azzurre per festeggiare
il Love boy day, il
giorno dell’orgoglio pedofilo che rivendica nel mondo la libertà di amare i
bambini, sono stati invitati gli ospiti a evirare metaforicamente candele con un
coltellaccio sotto gli occhi fissi di una telecamera.
La performance, documentata in un
video, sarà poi inviata al Ministro delle pari opportunità per indurre ad
affrontare con severità l’argomento, ultimamente troppe volte ignorato e ogni
tanto spostato sulla via della depenalizzazione.
ivana porcini
mostra visitata il 12 giugno 2010
dal 12 giugno al 20
luglio 2010
Wonderland.
Il paradiso degli orchi
a cura di Antonio Manfredi
CAM – Casoria Contemporary Art
Museum
Via Duca d’Aosta,
63a – 80026 Casoria (NA)
Orario: da
martedì a giovedì e domenica ore 10-13; sabato ore 17-20
Ingresso:
intero €3; ridotto € 2
Info: tel. +39 0817576167; mob. +39 3349399870; fax +39 0817576167; info@casoriacontemporaryartmuseum.com; www.casoriacontemporaryartmuseum.com
[exibart]