Mitologia del potere e archetipo della conoscenza, luogo della perplessità e dello stupore. Nel labirinto, l’intersezione simmetrica delle direzioni è subordinata allo smarrimento della realtà, alla messa in discussione dei punti di vista. Un’ideale spazio della rappresentazione per Giulio Paolini che, per il suo intervento nella Cappella Sansevero, in occasione dell’edizione 2015 della rassegna MeravigliArti e in collaborazione con la Galleria Alfonso Artiaco, ha scelto il passetto prospiciente alla tomba di Raimondo di Sangro di Sansevero, l’unica zona dove è ancora visibile la pavimentazione barocca originale a tarsie policrome, all’interno delle quali una linea continua di marmo bianco forma un labirinto visionario di croci gammate e quadrati concentrici.
Da lontano è un omaggio alla complessa figura del settimo principe di Sansevero, esoterista, letterato, inventore, massone, alchimista e ideatore del progetto iconografico settecentesco della Cappella di famiglia che comprende capolavori scultorei come le Virtù di Antonio Corradini e il Cristo velato di Giuseppe Sammartino, oltre al pavimento labirintico di Francesco Celebrano, quasi completamente distrutto in seguito al crollo del 1889. «Volevo sottolineare il rapporto con il Barocco e mediare con la storia del luogo, che mi è particolarmente caro anche per la presenza di numerosi riferimenti alchemici», ha spiegato Paolini. Il tempio gentilizio è compendio totale dei concetti del barocco, con le opere dai tratti magniloquenti e dalle complesse allegorie che concentrano i propri segni trionfando negli ambienti, riempiendo tutti i vuoti ed entrando in dialogo serrato con il fruitore. Un dinamismo relazionale che caratterizza anche la ricerca di Paolini, maestro della citazione simbolica e del ribaltamento conoscitivo tra oggetto e soggetto.
In questo caso, il classico non è ripreso come concessione lirica ma come elemento funzionale, perché il pavimento labirintico entra nella struttura intima dell’installazione, come un supporto sfuggente che restringe e dilata il campo del fraintendimento. Ai due angoli opposti della costruzione bidimensionale, a segnare un’ipotesi verticale di entrata e uscita, sono posizionate due teche di plexiglas che racchiudono i calchi in gesso di due mani. Sul palmo aperto della prima, sono poggiati frammenti visivi di esplosioni cosmiche sovrapposte a riproduzioni fotografiche del pavimento, mentre l’altra mano, chiusa a pugno, stringe un cono nero, sul quale risalta la circonferenza luminosa della Terra. L’opera risulta visivamente semplice, con linee e materiali che si innestano come una essenziale narrazione di fondo, nell’eco estetizzante diffusa dalla scenografia dell’edificio barocco. Ed è proprio l’immediatezza dell’aspetto superficiale che invita al viaggio nella stratificazione dei concetti e delle interpretazioni. L’esplosione primordiale e la formazione dell’Universo, momenti in cui spazio e tempo rimangono in equilibrio precario come fluidi coincidenti, sono messi in relazione visiva dall’intreccio delle dimensioni del labirinto. La distanza fruitiva è una misura da scoprire, l’osservatore trova il punto di immobilità al centro della costruzione mentale labirintica, in una frazione equidistante da un inizio e da una fine che, diventati ambiti provvisori di una conoscenza labile, si confondono l’uno nell’idea dell’altra.
Mario Francesco Simeone
mostra visitata l’8 giugno
Dal 9 giugno al 20 luglio 2015
Giulio Paolini, Da lontano
Museo Cappella Sansevero
Via F. De Sanctis, 19/21 – Napoli
Orari: dal lunedì al sabato 09.30-18.30, domenica e festivi: 09.30-14.00 chiuso il martedì