L’obiettivo della macchina fotografica di Stefano De Luigi (Colonia, 1964; fa parte di Contrasto dal 1996) focalizza da anni le sfaccettature dell’uomo del XXI secolo, tanto poliedriche quanto incoerenti. Mentre nel 1988, infatti, lo strumento fotografico si concentrava sugli scenari post apartheid delle Homelands sudafricane, nel 1995 passava ad illustrare l’universo televisivo, con Global Television. Nel 1999, poi, lo sguardo di De Luigi raccoglieva le dure condizioni dei detenuti malati di tubercolosi delle carceri della Siberia.
Il lavoro dell’artista, continuando ad oscillare tra il drammatico e l’ironico, come su un’altalena dei sentimenti, nel 2004 approda a Pornoland, già pubblicato in cinque edizioni internazionali, con il quale il fotografo, stavolta, sceglie di scrutare dall’interno i set dei film pornografici. E nell’animo dei suoi protagonisti.
Da Los Angeles a Tokyo, da Budapest a Berlino, fino a Parigi, lo strumento fotografico immortala persone che per professione provocano eccitazione nello spettatore. Stefano De Luigi denuda per una seconda volta gli attori, facendo emergere le loro angosce.
Tra gli scatti, disposti seguendo una sorta di logica narrativa, non vi sono ritratti in pose erotiche, ma scene di riposo post performance, di preparazione ad un’erezione o di crisi dovute ad un flop. Risalta in particolare l’enfatica scena di un’attrice che approfitta di una pausa per allettare il suo neonato. La tensione introspettiva di ognuno dei personaggi immortalati viene accentuata dalle cromie sature ed esplosive dovute all’utilizzo della tecnica del cross-processing.
Nell’ambiente ritmato del LA.NA. ci si chiede, dunque, “dov’è il porno?”. Diversamente dal lavoro datato 1995 di Susan Meiselas, dove, all’interno del Pandora’s Box, regno del sadomaso newyorkese, veniva documentato il godimento reale di persone guidate dalle proprie perversioni, in Pornoland il godimento è tanto surreale da risultare snaturato. Di vero rimangono solo le persone che, spogliate del ruolo di attori, fanno i conti con le proprie preoccupazioni.
luigi rondinella
mostra visitata il 16 novembre 2006
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